Il caso di Abdel Ghani al-Kikli, noto come Gheniwa, continua a scatenare polemiche dopo la diffusione di una foto che confermerebbe la sua presenza a Roma. Capo della milizia libica Stabilisation Support Apparatus (SSA), al-Kikli è accusato da diverse organizzazioni internazionali di crimini contro l’umanità, tra cui torture, rapimenti e abusi contro migranti e dissidenti politici. Nonostante le gravi accuse, la Corte penale internazionale al momento conferma che non risultano provvedimenti a suo carico.
Le attività del “Carceriere di Tripoli” sono documentate in quasi 200 pagine di denuncia presentate alla CPI nel novembre del 2022 dall’Ong Ecchr (Centro europeo per i diritti umani e costituzionali), che riporta 501 casi di torture, stupri, violenze e sparatorie compiute dalla milizia SSA. Gheniwa era già stato in Italia l’estate scorsa, quando aveva assistito ai play-off della Libyan Premier League. Questa volta sarebbe atterrato a Roma giovedì scorso con un volo privato, in possesso di un visto Schengen rilasciato da Malta nel 2023 e valido fino al 25 novembre 2025.
Durante il suo soggiorno nella capitale, al-Kikli si sarebbe recato all’European Hospital, nel quartiere Portuense, per far visita al ministro degli Interni libico Adel Juma Amer, ricoverato dopo un attentato subito a Tripoli lo scorso febbraio. La presenza del controverso capo milizia sul suolo italiano è stata denunciata dall’attivista libico Husam El Gomati, che ha rintracciato le foto della trasferta sui profili social degli accompagnatori: almeno sei persone tra miliziani, diplomatici, uomini d’affari e figure legate alla cerchia del premier di Tripoli, Abdelhamid Dabaiba.
Another ICC-wanted figure is currently in Italy!
Abdul Ghani Al-Kikli, a notorious militia leader from Tripoli, accused of torture, enforced disappearances, and unlawful killings, is now in Italy.
❌ Meanwhile, the Meloni government ignores the ICC and continues to… pic.twitter.com/Hg0oMUxALl
— Husam El Gomati (@HusamElGomati) March 20, 2025
Nelle ultime ore, proprio El Gomati ha denunciato il rapimento di suo fratello, ingegnere petrolifero, sequestrato all’alba dalla sua casa di Tajura, nei sobborghi a est di Tripoli. Secondo quanto dichiarato dallo stesso attivista a Il Manifesto, il sequestro sarebbe una ritorsione per la sua «attività giornalistica e politica». El Gomati, che da tempo vive in Svezia, ha raccontato di conoscere l’identità dell’esecutore materiale e di essere al lavoro per scoprire chi siano i mandanti, aggiungendo che il fratello, da tempo costretto in casa da gravi problemi di salute, avrebbe bisogno urgente di medicine. «Come tutte le persone che lottano contro la mafia o il crimine organizzato ho sempre paura, ma non farò passi indietro», ha dichiarato l’attivista libico, tra le persone spiate dal software di Paragon, Graphite, con cui venivano monitorati i dissidenti e attivisti libici.
La polemica è divampata rapidamente sui social e nelle sedi politiche, con alcuni parlamentari dell’opposizione che hanno chiesto spiegazioni al governo Meloni e chiarimenti sulla visita di una figura così controversa, mentre il Viminale continua a tacere sulla questione.
(photo credits: X / Husam El Gomati)
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