Sulle pagine del quotidiano «Times of Malta» l’editorialista John Cassar White si domanda quale potrà essere il futuro del turismo a Malta, alla luce di una pandemia globale per la quale “nulla sarà come prima”.
Osservare le stradine deserte nei luoghi più attrattivi dell’isola, in particolare nella “Silent City” e nella capitale, ha sicuramente un certo impatto nelle vite di chi risiede a Malta da tanto tempo. Nelle ultime settimane di desolazione, per John Cassar White del quotidiano in lingua inglese «Times of Malta», la domanda è sorta spontanea: all’indomani della pandemia, il turismo a Malta tornerà quello di sempre?
Un flusso di pensieri lo ha ricondotto all’immagine dell’overtourism che caratterizza tipicamente il turismo estivo di Mdina e Valletta e che, a lungo andare, sta mettendo sotto pressione le infrastrutture del Paese. White non ha potuto fare a meno di chiedersi quale potrebbe essere la strategia ideale per garantire un flusso turistico sull’isola nel lungo periodo.
In primis, ha tenuto a precisare che la strategia solitamente adottata dai decisori politici per massimizzare il ritorno sugli investimenti è quella di puntare al miglioramento della qualità del prodotto o servizio e che ciò vale in tutti i settori. Ma «questa strategia è più facile da concepire che da realizzare», ha osservato.
Il flusso di pensieri lo ha poi riportato agli esordi del fenomeno turistico maltese, quando il brand “Malta” è stato promosso dapprima ai “turisti da paletta e secchiello” principalmente provenienti dal Regno Unito. Si è poi passati gradualmente all’offerta di pacchetti vacanza all-inclusive destinati ad europei a basso reddito mossi dal desiderio di viaggiare. È evidente, secondo White, che questo turismo di massa a Malta continuerà a crescere, dato che i voli low-cost e le strutture extra-alberghiere hanno reso più fruibile e destagionalizzato il ramo del turismo leisure.
Ma, sebbene molti degli alberghi dell’isola a quattro e cinque stelle offrano servizi di qualità di categoria, secondo il giornalista esiste un vuoto di mercato nell’offerta di servizi turistici a viaggiatori che hanno un potere di spesa più elevato. Un altro punto chiave è, per lui, la questione della sostenibilità. Il miglioramento della qualità dei servizi offerti, infatti, non sarebbe avvallato da un rispetto proporzionato per l’ambiente urbano e rurale.
«L’anno scorso sono andato in un ristorante a Marsalforn durante un’escursione a Gozo. […] Quando i clienti hanno chiesto al cameriere di consigliare loro un piatto tipico locale, il cameriere ha risposto senza esitazione che il suo piatto maltese preferito fosse “hamburger e patatine”».
Un ricordo pittoresco dal quale trapela che, per White, il turismo del futuro a Malta necessita di un cambio di prospettiva. Se l’overtourism non è la strada da percorrere per ottenere un turismo che sia frequente ma anche sostenibile, occorrerebbe innanzitutto creare un’immagine dell’isola unitaria e promuoverla all’estero come destinazione turistica di qualità. Un’altra strategia chiave sarebbe quella di ammettere che esistono altri indicatori del successo del settore oltre al conteggio del numero di visitatori.
Per White è indispensabile, infine, puntare al giusto equilibrio tra turismo di qualità, formazione del personale e mantenimento dell’integrità e della bellezza delle cittadine, dei villaggi e delle spiagge maltesi.
Fonte: Times of Malta