Venerdì 19 luglio, dalle ore 16, si svolgerà a Quisisana – Sliema, presso il 1926 Beach Club, il Full Moon Med Fest 2019.
Questo festival di un giorno, ispirato alla tradizione thailandese e in tour nel Mar Mediterraneo, ritorna a Malta dopo il successo degli anni precedenti con il nome di Full Moon Med Fest – Malta Mask Trip ’19.
Tra i protagonisti di questo spettacolo, il dj e produttore di fama mondiale Flashmob, che ha scelto Malta tra le tappe del suo World Tour Summer 2019 e che ci ha concesso un’amichevole intervista, raccontandoci di sé e del proprio lavoro.
Conosci la scena musicale maltese, in particolare quella della musica elettronica?
«Ho frequentato Malta e Gozo alla fine degli anni novanta quando Dino Lenny era il re dell’isola, quindi diciamo che ne conosco le radici musicali perché, se ricordo bene, personaggi come lui e della Londra di quegli anni, furono pionieri nel portare la musica elettronica nell’arcipelago maltese. Immagino la scena di oggi come una evoluzione di quella ondata; io stesso ero a Londra in quegli anni.
Sono anche stato turista da adolescente a Malta e Gozo quindi credo di conoscerne l’anima avendo bevuto fino all’alba in molti dei locali notturni; ti saprò dire se è cambiata.»
Quali sono le tue influenze artistiche?
«Le mie influenze sono la musica degli anni 90’: l’industrial techno del nord Inghilterra e poi tutta la pop di quegli anni, come i Bronski Beat, Frankie Goes To Hollywood, Mike Oldfield, Jean Michel Jarre, OFF, ecc. In studio però la mia più grande influenza è il mio stesso umore; se sto bene produco bene e mi sento parte dell’evoluzione della musica elettronica, in perfetto sincro con il resto del movimento, anche se, per via dei continui tour, faccio fatica ad ascoltare tutto quello che esce. Credo sia questa la grande magia che unisce tutti quelli che fanno musica elettronica per davvero: siamo tutti sintonizzati sullo stesso canale, ognuno con le sue idee e preferenze, naturalmente.»
Se potessi scegliere di fare un B2B (back to back n.d.r.) con un artista internazionale, chi sceglieresti?
«Credo sceglierei di suonare con Jamie Jones. Per via del suo successo e di quello della della sua label, Hot Creations, riceve migliaia di promo da tutto il mondo e quindi ha sempre a disposizione alcune delle tracce più innovative, interessanti ed evolute della scena globale; è un artista che guarda al futuro pur non producendo molto per via del numero incredibile di date che fa in giro per il mondo.
Sarebbe davvero una sfida per me: conoscendomi mi preparerei come mai, se dovesse capitarmi.
E mi capiterà.»
Quali sono le differenze principali tra i tuoi set in Italia e quelli all’estero?
«In Italia il livello di attenzione verso la musica è sempre stato molto alto, per questo considero il pubblico italiano musicalmente erudito e colto. I miei set in Italia sono quindi ricercati e fatti di musica vera, senza troppi compromessi; all’estero, in particolare in alcuni paesi nord europei, il mio sound è invece necessariamente un compromesso tra quello che vorrei suonare e le forti influenze Uk sui bassi e le voci, elementi molto caratterizzanti di una traccia e dunque molto condizionanti nel creare un’onda musicale coerente durante il set.»
Come sta andando il tuo World Tour e qual è stato finora il posto più bello in cui hai suonato?
«Sta andando davvero benissimo: tantissime date e moltissime esperienze nuove, molto formativo.
L’agenzia di cui sono front man, Beat Of Life, nella persona di Giuseppe Grillo, mio agente e “main man” che mi segue in buona parte di queste avventure, ha messo in piedi un World Tour in due tappe, la prima delle quali ci ha portato in mezza Europa: Italia, Uk, Germania, Croazia, Slovenia, Irlanda e Belgio e in Nord e Sud America passando per Cile, Perù, Uruguay, San Diego, Phoenix e New York. Ho promosso lì il mio remix de “La Puma” e della “Morenita”, due tracce sulla mia etichetta Flashmob Records che in Sud America sono diventate molto popolari.
A maggio abbiamo cominciato la seconda parte del tour in l’Europa passando per Ibiza, Malta, Italia, Austria, Germania Olanda e poi ancora il Sud America con un grosso Tour dell’Argentina, Uruguay, Ecuador e Brasile.
Le date che mi rimarranno nel cuore per sempre saranno quelle del DC10, l’apertura con Jamie Jones e i Martinez Brothers di Paradise: un’esperienza epica. Essere il primo ospite nel Garden del DC10 in un evento di quella magnitudine è stato speciale. Indimenticabile è stata anche “La Mecca”, in Perù; un club incredibile, l’atmosfera, l’architettura e l’organizzazione di quel locale sono davvero fenomenali (approfitto per ringraziare Alberto Ballarani, l’altro mio agente, che ha fatto in modo che io potessi essere li).»
Cosa ti aspetti dal Full Moon Medfest?
«Serenità, allegria e tanta energia: non vedo l’ora!»
Ti senti di dare dei consigli per chi si approccia al mondo dei beatmaker?
«Bisogna lavorare tantissimo su se stessi: prepararsi, studiare e poi trovare le persone giuste, che forse è la cosa più difficile.
Come in ogni cosa è una questione di atteggiamento e mentalità: se si è motivati correttamente e lo si fa per i giusti motivi, tutto è possibile perché dipende solo da noi. Chiunque imbocchi una strada come fosse una questione di vita o di morte, prima o poi riesce.
Naturalmente bisogna essere umili, accettare l’errore come un amico, imparare da tutti per crescere e migliorarsi.
Ahimè nel nostro ambiente moltissimi attori sono motivati da insicurezza ed ego; state attenti a chi si incensa continuamente!»