È considerato tra i film italiani più interessanti della scorsa stagione cinematografica, presentato in concorso alla 32° Settimana della Critica di Venezia e trionfatore al Tokyo International Film Festival.
Il Cratere racconta il rapporto travagliato tra Sharon e suo padre Rosario, un venditore ambulante della periferia napoletana, che vede nel talento della figlia una speranza di riscatto sociale. Luca Bellino co-regista, insieme a Silvia Luzi di questa straordinaria pellicola, ci ha concesso una gentile intervista per i nostri lettori.
Vi trovate a Malta per la prima volta?
«No, non è la nostra prima volta: siamo venuti già a febbraio e ritorneremo presto per fare da tutor di regia agli studenti del Master in Film Studies delll’Università di Malta. Realizzeremo due corti, in maltese, insieme a loro: davvero una bellissima esperienza. Adesso siamo qui, per una piacevole coincidenza, in occasione della rassegna CINEMA ITALIA @ MALTA organizzata dall’Istituto Italiano di Cultura. Sabato presenzieremo alla proiezione e saremo felici di rispondere alle domande che ci vorrà porgere il pubblico dopo la visione del film.»
Dopo diversi documentari di successo arriva Il Cratere, il vostro primo di film di finzione: c’è un motivo preciso che vi ha spinto a cambiare genere? Cosa c’è di documentaristico, soprattutto dal punto di vista stilistico, nel vostro ultimo lavoro?
«In realtà il film è molto in continuità con quello che facevamo prima. Ci piace definirlo come un’evoluzione del documentario che finisce però poi a trasformarsi in un antidocumentario. Mi spiego meglio: gli attori non sono professionisti ma sono davvero un padre e una figlia nella vita reale; nel film dopo mesi e mesi di studio di recitazione, sono riusciti a diventare l’opposto di quello che sono nella realtà. In un certo senso tutto il film è basato sul rapporto tra realtà e finzione: può sembrare addirittura un documentario, ma poi, invece, è tutto assolutamente finto, costruito. Anche dal punto di vista stilistico, può sembrare un documentario; la lunga preparazione lo ha portato ad un altissimo livello di realismo: mi piace affermare, simpaticamente, che è talmente tanto reale da essere finto.»
Ambientato a Napoli, il titolo Il Cratere ci può portare a pensare, erroneamente, al Vesuvio. Spiegaci perchè non è cosi.
«Il Cratere è il nome di una costellazione fatta di stelle talmente luminose che sono invisibili, per la troppa luce. Si possono vedere soltanto in primavera e dal sud del mondo. Esattamente come i nostri personaggi: loro vivono appunto nell’interland napoletano e sono quindi nascosti, quasi invisibili, ma hanno un talento enorme, brillano tantissimo. Inoltre, una citazione alla costellazione la si trova nella canzone della scena conclusiva del film, che si chiama Na stella, un brano in napoletano cantato da Gianmaria Testa, cantautore piemontese che purtroppo è morto mentre il film era in preparazione. È l’unica sua canzone cantata in napoletano e ci piace pensarla come una dedica implicita, in quanto l’idea di dare il nome della costellazione al nostro film, è venuta proprio dalla sua canzone.»
Il film si apre con una citazione sull’ideale dell’ostrica di Giovanni Verga, ed è ambientato a Napoli. Tu sei di Salerno, e state collaborando con l’Università di Malta. Ancora qualche altro elemento che vi porta a Sud?
«Sicuramente la realizzazione dei due cortometraggi con l’Università di Malta ci vedrà ancora per qualche tempo impegnati in questo splendido arcipelago. Speriamo che i corti possano essere presentati nei festival in giro per il mondo, soprattutto perchè sono in maltese, una lingua conosciuta pochissimo ma che a nostro avviso è molto bella, va sentita. Inoltre anche il nostro nuovo film è ambientato nel Mediterraneo. Quindi sì, assolutamente, ci sono ancora altri elementi che ci legano al sud.»