La Giornata Mondiale della Commedia dell’Arte si celebra ogni anno il 25 febbraio con lo scopo di riconoscere la Commedia dell’Arte “Patrimonio Culturale Immateriale Mondiale”.
L’Istituto Italiano di Cultura celebra questa Giornata con Arlecchino diavolo buffo, uno spettacolo di e con Eugenio de’ Giorgi che unisce gesto, parola e musica. Per l’occasione il regista, autore e attore teatrale, riconosciuto dalla critica come l’erede di Dario Fo, rilascia una gentilissima intervista al Corriere di Malta.
Eugenio de’ Giorgi è nato a Bergamo il 24 marzo del 1967 e sin da giovanissimo decide di dedicare la sua vita al teatro: qual è stato il fuoco primo che ha acceso in Lei questa passione? Com’è avvenuto quindi l’avvicinamento al teatro?
Non c’è stato un momento particolare, penso di essere nato con questa “necessità”. Fin da piccolo, da quando avevo più o meno 7 anni, mi divertivo fare ridere gli altri e devo dire che ci riuscivo bene. Adoravo attirare l’attenzione della gente, per lo più i parenti e gli amici di famiglia, che sono stati il mio primo pubblico. Poi, a 16 anni, ho deciso che sarei diventato un attore e che avrei fatto di tutto per raggiungere e realizzare il mio sogno: “giocare “ tutta la vita. È fantastico! Nonostante le mille difficoltà che ho riscontrato, resta per me un privilegio poter “giocare” ancora oggi a 53 anni.
Attore, autore e regista teatrale, ha fondato a trent’anni l’Associazione Teatrale Duende e dal 1999 assume la direzione artistica del Teatro Olmetto di Milano. Riesco solo ad immaginare quante grandi personalità del mondo dello spettacolo Lei abbia conosciuto e abbia avuto l’onore di collaborare. Per quali tra queste riserba un ricordo particolare e perché?
Tra i diversi artisti che ho avuto l’occasione d’incontrare, la persona con cui mi sono trovato davvero bene e da cui ho imparato molto, è stato il regista Vito Molinari. Una persona molto curiosa, interessante, intelligente, che prima di lavorare con me ha voluto studiare, vedere cosa facevo sul palco. Con lui ho ho realizzato diversi spettacoli e ci siamo sempre divertiti molto a metterli in scena. Vito Molinari ha lavorato con tutti i grandi comici del passato tra cui: Raimondo Vianello, Ugo Tognazzi, Gino Bramieri, Dario Fo, Gianrico Tedeschi, Walter Chiari, sono per citarne alcuni e grazie alla sua professionalità, ha contribuito ad arricchire il mio bagaglio d’attore comico .
Un altro regista con cui ho lavorato molto bene è stato Massimo Navone, fantasioso e brillante soprattutto nel teatro shakespeariano. In Francia la collaborazione con l’attrice e regista Isabelle de Botton, con cui scritto la versione francese del mio spettacolo sul Ghetto di Venezia e di cui ha curato la regia.
Nelle veste di direttore artistico mi sono tolto molte soddisfazioni e ho avuto modo di conoscere artisti di fama internazionale, dal teatro, alla musica, al cinema e la letteratura tra cui i Klezmatics ( gruppo musicale americano che ha vinto il Grammy Awards ), David Grossman ( scrittore israeliano ), tra gli attori: Gianrico Tedeschi, Valeria Valeri, Maurizio Micheli, Andrea Giordana, Iaia Forte, Paolo Poli, Lella Costa, Ottavia Piccolo, Gioele Dix, Corrado Tedeschi, etc… Sono stato il primo a fare debuttare in Lombardia Ascanio Celestini e Juri Ferrini. Nel cinema il momento più emozionante è stato quando ho lavorato con Roberto Herlitzka, facendogli anche da coach per il ruolo d’Arlecchino che doveva interpretare. Non lo aveva mai fatto, eppure grazie al suo spirito è uscito un Arlecchino straordinario, nuovo.
Grazie all’interpretazione di “Mistero buffo”, viene consacrato dalla critica come “l’erede spirituale” di Dario Fo: come ci si sente a portare “il peso” di una cosi importante appellativo?
Non ho mai sentito il peso di questa affermazione, anzi, mi sono sempre sentito a mio agio nei testi di Dario Fo e molto lo devo sicuramente ancora una volta a Vito Molinari, che aveva capito le mie potenzialità e quindi abbiamo affrontato insieme i suoi testi con estrema naturalezza. È stato un percorso in crescendo, prima abbiamo affrontato due monologhi : La Fame dello Zanni e l’Arlecchino Fallotropo, dopodiché gli ho proposto di mettermi in scena in “Storia della Tigre e altre storie” e infine abbiamo affrontato “Mistero Buffo”. Anche le mie origini lombarde mi hanno aiutato ad affrontare il linguaggio di Fo, oltre al mio lungo studio sulla commedia dell’arte e infine il grammelot, una tecnica che avevo già praticato in altri miei spettacoli prima di affrontare i suoi testi. Per tutti questi motivi mi sono sempre sentito “nel ruolo” senza fatica e senza alcun peso, l’ho sempre ritenuto normale, come si mi fosse sempre appartenuto.
Mi ricordo le parole e i consigli del critico Ugo Ronfani, che dopo avermi definito l’erede di Dario Fo mi disse: “Bene adesso che hai dimostrato di essere il suo degno erede, è il momento di scrivere e mettere in scena i tuoi testi”. Così è nato lo spettacolo “Affittasi monolocale zona Ghetto”, che dal 2006 a oggi continuo a portare in scena in molti Paesi tra cui l’Italia, la Francia, l’Inghilterra e Israele .
La Giornata Mondiale della Commedia dell’Arte si celebra ogni anno il 25 febbraio con lo scopo di riconoscere la Commedia dell’Arte “Patrimonio Culturale Immateriale Mondiale”. Proprio per questa occasione sarà a Malta, all’Istituto Italiano di Cultura, con “Arlecchino, diavolo buffo”. E’ una narrazione “evolutiva” del personaggio di Arlecchino – dal 600 ai giorni nostri. Come è giunto all’ideazione di questo spettacolo?
Innanzitutto Arlecchino è il personaggio che più mi corrisponde e mi calza a pennello. Parlo del suo carattere ovviamente, perché per me Arlecchino non lo puoi diventare, nasci con quel tipo di anima giocosa, non la puoi apprendere. La preparazione atletica da saltimbanco è un’opzione a discrezione dell’attore, ma non fa dell’attore un Arlecchino. Se dentro sei vuoto e se il tuo corpo sovrasta il tuo spirito giocoso, sei “solo” un acrobata. Per questo motivo penso che oggi ci siano molti acrobati e pochissimi Arlecchini.
Secondo me il più grande Arlecchino è stato Dario Fo. Senza nulla togliere ad altri attori che hanno dedicato una vita intera a questo personaggio. Lui era Arlecchino in ogni suo personaggio e soprattutto senza la maschera.
La mia decisione di mettere in scena “Arlecchino diavolo buffo” è una conseguenza naturale del mio essere attore. È uno spettacolo in eterno work in progress che si evolve ogni qual volta lo rimetto in scena. La commedia dell’arte o Commedia all’improvviso è un genere teatrale sempre in movimento e in evoluzione e quindi non riesco ad immaginare uno spettacolo ripetuto sempre nello stesso modo, è contro il principio stesso della Commedia dell’Arte.
Il suo spettacolo “maltese” è stato ripartito nei giorni del 23, 24 e 25 febbraio per dare la possibilità a quanti più spettatori possibile di godere della sua performance e allo stesso tempo di rispettare il distanziamento sociale all’interno della, seppur spaziosa, sala dell’Istituto di Cultura. Questo è uno degli effetti della pandemia del Covid-19 che ha inevitabilmente colpito anche il mondo del teatro: come è cambiata la sua vita, da un punto di vista professionale, da un anno a questa parte?
Il Covid ha cambiato notevolmente il mio lavoro. In un primo momento rimanere confinati era quasi piacevole, un’esperienza nuova, ma presto ho iniziato a sentire la mancanza del pubblico. Così ho iniziato a lavorare a progetti per la televisione. Un mondo molto diverso, ma affascinante. Ciò che manca però è lo scambio interpersonale, la diretta, l’errore, in una parola, “la vita”. Non condivido in nessun modo la scelta dei governi di chiudere gli spazi culturali, sicuramente meno contagiosi delle metropolitane e dei supermercati e spero che reagiscono al più presto per rimediare al danno non solo economico, ma culturale che abbiamo subito noi artisti, ma anche il pubblico, privato di un momento di magia, di svago, di arricchimento culturale, in un mondo drogato dalla vita virtuale . Oggi sono molto felice perché dopo un anno di clausura, posso esibirmi per la prima volta di nuovo in pubblico. Anche se i posti sono limitati, quelle 20 persone saranno per me 200. Grazie per questo invito e che sia di buon auspicio per la riapertura dei teatri.
Le sorti del teatro moderno maltese risalgono ai tempi della venuta dell’Ordine di San Giovanni nell’isola (quando il teatro in italiano a Malta era l’unica forma di spettacolo formale) e dalla costruzione del Teatro Manoel si ebbe una svolta decisiva alla vita teatrale maltese: vennero progettati interi programmi teatrali con la presenza di autori, cantanti, e attori maltesi e i repertori comprendevano opere di commediografi quali Girolamo Gigli, Carlo Goldoni e Pietro Metastasio. Per oltre tre secoli la penetrazione del teatro e la cultura della spettacolo dell ‘Italia svolse un ruolo fondamentale per I’ affermarsi della drammaturgia e la recitazione a Malta. L’impatto italiano sull’intera cultura teatrale maltese è ancora vivo e resta un vasto campo, per alcuni aspetti ancora inesplorato che permette ulteriori studi e progetti di ricerca. Si è mai approcciato al teatro maltese e/o ha avuto l’opportunita di conoscere e lavorare con artisti maltesi?
Non conosco il teatro e gli attori di Malta e questa domanda mi crea una certa curiosità. Penso che questa occasione possa essere un punto di partenza per poter scoprire e relazionarmi con le realtà culturali dell’Isola. Ho navigato su internet e ho visto che ci sono molte sale teatrali e mi ha incuriosito molto. Penso che questo mio debutto maltese, possa essere un punto di partenza per nuovi scambi e interessi.
Informazioni sullo spettacolo
Arlecchino diavolo buffo, è una narrazione, una giullarata, un’affabulazione sul personaggio, dallo Zanni al Ruzante, dall’Arlecchino seicentesco a quello nuovo di de’Giorgi, senza maschera, istrione contemporaneo, un diavolo buffo. Sette secoli di avventure prodigiose, una lunga favola senza fine. Il personaggio nasce, muta, si evolve, cresce, prorompe in un fantasmagorico fuoco d’artificio, entrando nella storia, ormai immortale. Giunto a noi da un tempo senza tempo, Arlecchino ci insegna che, in fondo, in ognuno noi c’è un po’ di Arlecchino: siamo tutti, ancora oggi, figli della Commedia dell’Arte, interpreti tutti dell’arte della commedia della vita. E’ uno spettacolo allegro, divertente, comicissimo, ricco di battute, di lazzi, di atteggiamenti mimici, di musica e canzoni, di mutamenti di maschere, di travestimenti in abiti femminili, di giochi, di parole, di “grammelot”, di sghignazzi: il tutto derivato direttamente da quella Commedia dell’Arte, che ha fatto conoscere e trionfare la tradizione teatrale italiana in tutto il mondo.
Lo spettacolo andrà in scena il 23, 24 e 25 febbraio 2021 alle ore 18.00 presso l’Istituto Italiano di Cultura, St George Square, La Valletta. Ingresso gratuito, nel rispetto delle norme anti-Covid, per un numero limitato di spettatori in base al criterio “primo prenotato, primo servito”.
Solo su prenotazione a: [email protected] indicando la data scelta.
In collaborazione con: Dipartimento di studi teatrali – Scuola di Arti performative e Dipartimento d’italiano dell’Università di Malta