Ha il “mal di Malta”, quella sensazione di nostalgia che ti prende quando sei lontano da un posto che ami.
Se potesse scegliere, Giulia Recchia partirebbe verso l’isola anche domani, ma il COVID-19 glielo impedisce. Infatti, se il virus non fosse stato un ostacolo insormontabile, avrebbe partecipato volentieri “in presenza” – come si dice oggi – alla conferenza “Monete, identità e commerci a Malta e Gozo tra età Romana e alto Medioevo”, organizzata il 27 aprile dall’Istituto italiano di Cultura a Malta, diretto da Massimo Sarti.
La conferenza si terrà, ma solo on line.
Dal 2003 Giulia Recchia, professore associato all’Università La Sapienza di Roma, docente di paleontologia con un curriculum prestigiosissimo, è tra i responsabili della Missione archeologica Italiana che a Malta (a partire dal 1963) lavora alla valorizzazione di tre siti grande importanza.
È un’autorità nel suo campo, è impegnata spesso all’estero ma l’isola è sempre nei suoi pensieri: «Soffro perché è quasi un anno che non vengo a Malta – dice – È sempre un piacere tornare e non solo per l’amicizia e la stima che mi lega ai colleghi maltesi e al dottor Sarti. È un posto che amo, sicuramente, a prescindere dall’aspetto professionale.
L’Italia è piena di Storia, ma Malta non è da meno. La Missione della quale fa parte si occupa dei siti Tas-Silġ, il santuario di AstarteHera dalla storia millenaria, la villa di San Pawl Milqi e il suggestivo sito di Ras-il-Wardija a Gozo. Un tesoro di enorme valore.
Assolutamente. A Malta ci sono testimonianze che vanno dalla preistoria fino ai Cavalieri, quindi da questo punto di vista è sicuramente una meta affascinante e suggestiva. È dal 2003 che faccio parte della Missione italiana e devo dire che ho potuto apprezzare anche il modo con il quale i siti archeologici vengono valorizzati. Mi piace sottolineare l’eccellente sinergia con le autorità locali e con la Sovrintendenza, c’è davvero una grande cura delle eredità che ci ha lasciato la Storia. Ed è importante anche il lavoro di divulgazione che vede impegnato l’Istituto italiano di Cultura.
C’è, dunque, un filo rosso che lega i due Paesi e quindi i due popoli.
Certamente. Al netto delle inevitabili differenze culturali, che sono sempre una fonte di arricchimento, va detto che Italia e Malta per certi versi sono molto simili: ci lega la vicinanza geografica, ci lega la storia. Per quanto mi riguarda, con i maltesi ho un ottimo rapporto e a Malta ci vengo sempre volentieri, non solo per lavoro.
L’isola è indubbiamente molto ricca di testimonianze di un passato anche lontanissimo. Ma cosa pensa del disordinato boom edilizio che rischia di mortificare tutto ciò che di bello c’è attorno?
Beh, sotto questo profilo noi italiani dobbiamo ammettere che non ci comportiamo molto meglio. Detto questo, comprendo la necessità di una espansione che evidentemente risponde ad una crescente domanda, ma è anche vero che a Malta questa espansione non intacca affatto l’attenzione verso il patrimonio archeologico che gode di una protezione e di una valorizzazione di alto livello.
La conferenza, aperta a tutti, è organizzata dall’IIC La Valletta e dalla Missione Archeologica Italiana a Malta in collaborazione con Heritage Malta. Si terrà martedì 27 aprile alle ore 18:00, in diretta on-line sul canale YouTube dell’IIC La Valletta e sulla piattaforma Zoom.
La passcode per partecipare all’evento è: rBm4WV