Mentre con il Covid l’attenzione dei governi è concentrata sui problemi interni, le questioni relative al fenomeno migratorio vengono messe in secondo piano, scrive Regina Catrambone.
Nel Mediterraneo, cinque anni dopo l’operazione Mare Nostrum e la fondazione di MOAS, molte cose sono cambiate. Nonostante la larga diffusione del coronavirus in Europa, le persone migranti continuano a essere costrette a fuggire attraverso rotte pericolose.
In questo momento, mentre l’attenzione della maggior parte dei governi è concentrata sui problemi interni, le drammatiche questioni relative al fenomeno migratorio vengono messe in secondo piano. Mentre l’Europa rimane cieca e sorda nei confronti dei migranti e dei rifugiati, queste persone continuano a rischiare le loro vite nel tentativo di attraversare il mare. Parte della politica strumentalizza la pandemia di COVID19 per ampliare i timori sulle persone migranti e sul fenomeno migratorio. Le limitazioni degli spostamenti e le perdite di vite umane causate dalla pandemia hanno costretto gli Stati a mettere in pratica restrizioni, giustificate dallo stato d’emergenza, che hanno ulteriormente rafforzato le politiche anti-migratorie. Oggi, a causa della pandemia, la necessità di implementare le vie sicure e legali è ancora più urgente. Alle persone migranti, ai rifugiati e ai richiedenti asilo deve essere garantita la possibilità di raggiungere un altro Paese senza mettere in pericolo la propria vita.
La società civile chiede di modificare le politiche europee sulla gestione delle frontiere. Oggi in Europa non assistiamo a una “crisi migratoria”, ma a una crisi di leadership e di solidarietà.
Nelle ultime settimane Ursula von der Leyen ha lanciato un messaggio importante: è necessario cambiare il Regolamento di Dublino III. L’Europa deve adottare delle politiche per implementare le vie sicure e legali come le riunificazioni familiari, i diversi tipi di visto e le sponsorship affinché le persone non siano costrette a rischiare la loro vita in mare. I canali sicuri, inoltre, offrirebbero dei benefici dal punto di vista umanitario ed economico e sul fronte della sicurezza.
L’impossibilità di accedere alle vie regolari costringe le persone migranti a mettersi nelle mani dei trafficanti di esseri umani, a essere vittime di sfruttamento e violenza e a rischiare la propria vita. L’implementazione delle vie sicure e legali per l’ingresso dei rifugiati in Europa è quindi fondamentale per mettere fine a queste tragedie e per arginare il potere dei trafficanti di esseri umani fornendo soluzioni accessibili a tutti. È necessario adottare politiche migratorie strutturali di medio e lungo termine abbandonano la gestione emergenziale che fino a oggi ha connotato le politiche europee.
Sin dalla sua prima visita a Lampedusa Papa Francesco ha sempre posto grande attenzione sulle questioni relative al fenomeno migratorio. ll Santo Padre, supportando la causa delle persone che fuggono da guerra e povertà, sta mettendo in pratica la Parola di Dio. La Chiesa ha lanciato più volte appelli in favore delle popolazioni migranti più vulnerabili e molti sono i sacerdoti, le suore e i vescovi che ogni giorno si impegnano per aiutare le persone più bisognose.
Le posizioni controverse di alcune aree della Chiesa, come quella polacca, finiscono purtroppo per macchiare il lavoro di una Chiesa che è plurale e aperta agli altri. Mi chiedo quale Vangelo abbiano letto! Le migrazioni e le religioni non dovrebbero mai essere strumentalizzate per fini politici o per qualsiasi altra motivazione.
La Chiesa non è fatta di muri e candelabri dorati, ma è la Parola di Dio, incarnata in ogni sua figlia e figlio. Credo che la Chiesa debba prendersi cura di ogni anima.
Perché le anime non hanno colore!