Giacomo Ratto, nell’immaginario collettivo, è diventato ormai il portiere globetrotter per antonomasia, capace di parare i tiri dei discendenti di Gengis Khān tanto quanto quelli dei fedeli di Odino. Ecco la sua intervista esclusiva per il Corriere di Malta.
È passato un anno dall’intervista del Corriere di Malta a Giacomo Ratto, portiere italiano all’epoca in forza all’S.K. Victoria Wanderers conosciuto per la sua carriera da globetrotter, durante la quale ha avuto modo di giocare in svariate parti del mondo, dalla Svizzera alla Mongolia passando per Isole Figi e Nicaragua, solo per citare alcuni Paesi.
Non eravamo dunque certi di ritrovarlo sull’arcipelago maltese, ma, anche per questa stagione, Giacomo ha scelto Gozo e l’S.K. Victoria Wanderers e abbiamo dunque colto l’occasione per fare nuovamente una bella chiacchierata sulla sua carriera e sul calcio maltese.
Ciao Giacomo, innanzitutto grazie mille per averci concesso questa intervista. Lo scorso anno hai raggiunto l’obiettivo salvezza con il Victoria Wanderers, come è andata finora la nuova stagione?
Anche per quest’anno l’obiettivo della squadra è la salvezza e i risultati ottenuti in questo inizio di 2021 (4 punti nelle ultime 3 gare) fanno ben sperare.
La rosa è giovanissima, con un’età media di 21,8 anni: la società ha deciso di valorizzare i giovani del vivaio, dandogli la possibilità di giocare in prima squadra dopo la vittoria ottenuta nel campionato Under-19.
Io e gli altri giocatori con più esperienza facciamo loro da chioccia e cerchiamo di aiutarli il più possibile a mostrare le proprie qualità.
A livello personale sono soddisfatto delle prestazioni. La partita nella quale, a mio parere, ho giocato meglio è stata quella di FA Trophy contro il Marsaxlokk, al termine della quale l’arbitro e i guardalinee si sono complimentati con me per le parate, fatto davvero inusuale che mi ha riempito d’orgoglio.
Parlando del campionato gozitano, ci sono delle squadre e dei giocatori che ti hanno stupito positivamente durante questo avvio di stagione?
Il Xagħra United è ultimo in classifica, ha perso tutti gli incontri di campionato finora disputati ma non merita la posizione: il loro è un calcio propositivo, anche se i risultati non lo direbbero.
La squadra che ha mostrato il miglior gioco, invece, penso sia il Għajnsielem di mister Daniel Bogdanović.
Per quanto riguarda i giocatori ci sono alcuni prospetti interessanti, già convocati nelle rispettive Nazionali giovanili maltesi.
Lo scorso anno ci hai raccontato dei progressi fatti dal calcio maltese negli ultimi anni e i risultati ottenuti dalla Nazionale in UEFA Nations League ti hanno dato ragione. Pensi ci possano essere ulteriori margini di miglioramento?
Sicuramente ci sono ulteriori margini di miglioramento. Il CT Devis Mangia ha fatto un gran lavoro e si è visto perché la Nazionale gioca bene, molto meglio rispetto al passato.
Tutto è legato all’ottimo lavoro svolto nei settori giovanili e, in questo senso, il programma “We Can Perform Better” annunciato dalla Malta Football Association contribuirà a garantire ai talenti locali una formazione di livello elevato.
Penso, però, che possano crescere giocatori di maggiore qualità solo togliendo enfasi al risultato. Bisogna abituare i bambini a non avere paura di sbagliare e a far vivere loro la partita come se fosse un momento di festa nel quale divertirsi, non un esame. Dopotutto, a qualunque livello, se un giocatore non si diverte non riesce a rendere al massimo delle proprie possibilità.
Torniamo a te, questa è la tua quarta stagione a Gozo. Ci parli del tuo legame con l’isola?
Ormai sono meglio delle guide turistiche di Gozo, la mia ragazza e anche mister Rodrigo Hernando, che mi ha allenato all’Ulaanbaatar City e con il quale sono restato in contatto, me lo dicono spesso (ride, ndr).
Il paesaggio è molto wild, spettacolare a livello naturalistico. Per me è stupendo poter camminare sulle scogliere, assistere ai tramonti sul mare di Xlendi, passeggiare a Ramla Bay o alle Cliffs sopra Kerċem.
Gozo, così come Malta, è un crocevia di culture e di colori e anche per questo mi trovo molto a mio agio.
Analizzando la tua carriera salta immediatamente all’occhio il fatto che, da ormai 9 anni, sei costantemente lontano dall’Italia. Cosa ti spinge a continuare a giocare all’estero?
Innanzitutto bisogna partire dal presupposto che il calcio, pur non guadagnando milioni, è da anni il mio lavoro e in questo momento mi sento privilegiato a giocare, considerando che tanti giocatori, per varie motivazioni, sono senza squadra.
In questo momento mi manca avere la possibilità di tornare in Italia, il che è difficile a causa del Covid-19 così come è difficile ricevere i miei affetti a Gozo ma, fondamentalmente, è la passione che mi spinge a fare quello che faccio.
Credo nelle mie capacità e nel mio lavoro e vorrei centrare l’obiettivo di giocare in BOV Premier League. Inoltre mi piacerebbe avere nuovamente la possibilità di giocare in centroamerica, anche questo è un mio grande obiettivo.
Vorrei chiudere questa intervista con lo stesso ultimo quesito che ti ho posto un anno fa: c’è una domanda che avresti voluto ti facessero nel corso delle interviste rilasciate durante la tua carriera ma che, invece, non ti hanno mai fatto?
Sì, dopo averci riflettuto molto mi sono reso conto che non ce n’è solo una, ma ben due.
Innanzitutto non mi è mai stato chiesto cosa cambierei del mio percorso se potessi tornare indietro.
Nel 2006, dopo un’ottima stagione in Promozione, andai in prova alla Castellettese, club all’epoca militante in Serie D che, dopo due giorni, mi propose un contratto. Io, purtroppo, rifiutai: avessi accettato quell’offerta la mia carriera, probabilmente, avrebbe preso una strada completamente diversa da quella che ho percorso.
La seconda domanda, invece, è: quanto può essere importante il preparatore dei portieri all’interno di uno staff tecnico?
A questa risponderei dicendo che il preparatore dei portieri è una figura fondamentale perché il lavoro fisico e tecnico da svolgere per un estremo difensore deve essere specifico. Avere una persona qualificata in questo ruolo ti permette di migliorare il livello delle prestazioni, ma ti può dare senz’altro supporto anche a livello psicologico.