Nella rubrica di oggi, a cura dell’Avv. Fabrizio Speranza, parleremo delle procedure da affrontare per richiedere il rimborso delle tasse versate quando si rientra in patria.
“Lavoro a Malta con un regolare contratto di impiego che terminerà probabilmente entro uno o due anni. Dovendo rientrare non ho quindi trasferito la mia residenza anche perché la mia famiglia è rimasta in Italia. Mi hanno detto che potrò chiedere il rimborso delle tasse versate qui una volta tornato in Patria. Mi conferma tale possibilità?”
Gentile lettore, immagino che il tema della sua domanda sarà di sicuro interesse per molti concittadini che, dopo aver trascorso un periodo lavorativo all’estero si staranno ponendo il medesimo interrogativo. Se ho compreso bene il quesito riguarda la possibilità, per un cittadino italiano residente in Italia ma che lavora all’estero, di veder considerate in qualche modo le imposte versate nel Paese ove presta la sua attività lavorativa. La rassicuro intanto con una risposta di principio positiva ma, come sempre, può avvenire solo se sono presenti determinate e precise condizioni.
Trattasi inoltre di un argomento complesso di cui potrò fornire in questo contesto solo qualche indicazione di massima, suggerendo sempre di rivolgersi ad un fiscalista competente per una analisi della propria specifica posizione.
Dobbiamo partire intanto dall’importante presupposto in base al quale i soggetti residenti fiscalmente in Italia sono soggetti a tassazione sui redditi ovunque prodotti. Mentre quindi, per chiarezza, se un soggetto presta la propria attività lavorativa in un paese estero ove risiede anche fiscalmente il problema non si pone, il principio ora descritto trova invece nel suo caso piena applicazione in quanto percettore di redditi esteri, in questo caso specifico da lavoro subordinato, con residenza fiscale nel paese di origine. Condizione che conduce alla ovvia conseguenza di vedersi tassare il medesimo reddito due volte, prima nello Stato della fonte e poi in quello di residenza.
Condizione inevitabile se, giustamente e fortunatamente, non fossero presenti ed applicabili apposite convenzioni che la disciplinano. A tali incresciose situazioni possono essere infatti posti dei correttivi, applicando le convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia con diversi paesi esteri e che stabiliscono le regole e gli strumenti da utilizzare quando vi sia tassazione concorrente tra due stati su uno stesso reddito.
E così accade infatti per quanto riguarda i redditi da lavoro dipendente percepiti dal nostro lettore ed a cui che la legge italiana, a certe condizioni, consente di gestire tale penalizzante condizione attraverso il riconoscimento del c.d. “credito d’imposta”.
Non si tratta di un rimborso, ma di un credito che viene concesso in relazione alle imposte effettivamente versate ovvero pagate a titolo definitivo. Tale detrazione viene ammessa però solo per alcune tipologie di imposta, in proporzioni e limiti massimi ben definiti ed a certe condizioni, prima della quali che il lavoratore abbia provveduto a dichiarare tale reddito estero in Italia concorrendo così quest’ultimo alla formazione del reddito complessivo dichiarato ed imponibile in Italia. Adempimento quest’ultimo non solo doveroso ma anche essenziale al fine di consentire l’accesso a tale beneficio.
La modalità di godimento seguono inoltre termini temporali precisi potendo avvenire solo nel periodo di imposta in cui il reddito estero concorre a formare il reddito imponibile ovvero in relazione al momento in cui le imposte estere sono divenute definitive. Ciò presuppone che si sia presentata regolare dichiarazione dei redditi anche nello Stato ove questo è prodotto in modo da poter provare il loro versamento e quindi la loro definitività. Ulteriore obbligo che mi preme sottolineare.
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