Nella rubrica di oggi, a cura dell’Avv. Fabrizio Speranza, parleremo delle procedure da affrontare per regolare la posizione previdenziale se si proviene da un altro stato europeo.
“Sono un lavoratore dipendente di una ditta locale e prevedo di rimanere a Malta ancora diversi anni o addirittura di terminare qui la mia carriera lavorativa. Ho molti anni di contributi versati in Italia e volevo sapere come potrò regolarmi in futuro per la mia posizione previdenziale.”
Gentile lettore, la sua comprensibile preoccupazione di gestire nel tempo la sua posizione previdenziale è oggi ben condivisa stante il numero sempre più elevato di persone che si trovano a passare periodi più o meno lunghi lavorando all’estero e l’inarrestabile continuo aggiornamento dei regimi previdenziali.
Pur non essendo tale materia di mia specifica competenza cercherò di darle almeno il quadro generale di riferimento alla sua domanda. Il principio cardine su cui si basa la normativa previdenziale è quello della territorialità ovvero della applicazione esclusiva della legge del luogo ove avviene la prestazione lavorativa, a prescindere da ogni altro elemento. Principio che non aiuterebbe affatto il lavoratore nella sua posizione se non si potesse superare – fortunatamente e nella maggioranza dei casi – grazie alla possibilità di applicare specifici idonei meccanismi previsti in regolamenti comunitari e accordi internazionali predisposti ad hoc in materia di sicurezza sociale e previdenziale.
Le istituzioni europee competenti hanno infatti sempre incoraggiato gli Stati a cooperare in questo importante settore al fine di raggiungere l’ambizioso obbiettivo di far equiparare i trattamenti previdenziali previsti nelle diverse nazioni europee in modo da annullare o comunque ridurre possibili discriminazioni e perdita di diritti in capo ai cittadini comunitari che si trovano a lavorare, sia come dipendenti che come liberi professionisti, durante la propria vita lavorativa in più di un Paese.
Per conseguire tale risultato si è partiti con l’applicare in modo uniforme una serie di principi tra i quali il diritto per il cittadino di un Paese europeo di poter lavorare in un altro paese europeo rimanendo, con certi tempi e criteri, sotto la competenza in materia di sicurezza sociale del proprio Paese di origine, la garanzia di parità di trattamento per i contributi pensionistici versati ed ancora l’esportabilità delle stesse prestazioni, sgravando così il cittadino dall’onere che ne sarebbe conseguito in caso diverso.
L’applicazione di tali principi trasposti nelle legislazioni di riferimento, nell’ambito di linee guida e prescrizioni ben definite, hanno così consentito di poter godere della possibilità di accedere non solo a servizi di assistenza e previdenza coordinati tra i vari paesi, ma al diritto di percepire alla fine della propria attività lavorativa, o nei diversi casi previsti, ad una c.d. pensione unica, utilizzando i contributi versati nei diversi periodi lavorativi nei diversi Stati di interesse. Tale importante risultato si ottiene con l’applicazione della cosiddetta “totalizzazione dei periodi contributivi” ovvero con la valorizzazione dei contributi previdenziali ed assistenziali versati sia nel paese di origine che negli altri ove ci si è accreditati a tal scopo. Si tratta di una procedura complessa che consente in pratica di sommare i periodi assicurativi perfezionati a determinate condizioni.
Il lavoratore dovrà infatti aver preventivamente osservato la legislazione previdenziale di ogni paese interessato e provveduto quindi ad iscriversi regolarmente presso gli Istituti e gli Enti di previdenza de ove ha svolto la propria attività lavorativa, versando come dovuto i propri contributi come previsti in quella giurisdizione, al fine di poterne godere i benefici.
Ancora, per poter procedere alla totalizzazione contributiva a fini pensionistici, si dovranno accertare ulteriori determinati requisiti, quale aver maturato determinati periodi minimi di versamenti previdenziali nel Paese che deve effettuare il cumulo. I regolamenti comunitari individuano tale periodo in un minimo di un anno (52 settimane) di contributi versati. In caso di ambito non comunitario ovvero di accordi e convenzioni bilaterali questo periodo sarà stabilito nella eventuale diversa misura dai singoli specifici accordi o convenzioni.
Da menzionare che vi sono anche casi in cui, ad esempio nel caso del distacco del lavoratore all’estero, pur non prestando la sua attività sul territorio nazionale, il lavoratore potrà rimane iscritto presso gli Istituti del paese di origine. In questo caso il datore di lavoro avrà l’obbligo di informare gli enti competenti del paese ospitante provvedendo ad alcuni adempimenti informativi confermando la copertura previdenziale del soggetto interessato nel suo paese di origine e quindi la sua esenzione dal versare i contributi nel paese ospitante, che potrà durare al massimo per un periodo di 24 mesi.
Spero quindi di aver risposto, almeno nel principio, alla domanda del lettore. Ovviamente per la liquidazione della sua pensione sarà necessario aver raggiunto i requisiti anagrafici e contributivi previsti dalle leggi vigenti. Della pratica sarà poi competente di regola lo Stato in cui si è conclusa la propria attività lavorativa e dove si ha la propria residenza, il quale provvederà ad istruire il procedimento che coinvolgerà anche gli enti degli altri paesi interessati. Da notare che di fatto non vi sarà alcun trasferimento dei contributi da un Paese all’altro restando i singoli sistemi previdenziali debitori esclusivi della prestazione relativa ai contributi a loro versati.
Stante infine la forte soggettività di ogni posizione previdenziale personale e considerando i continui aggiornamenti normativi, la verifica effettiva dei diritti previdenziali acquisiti e quindi della sua posizione potrà avvenire infine solo al momento del deposito della sua domanda agli enti preposti, con le regole e le procedure che solo in quel momento si applicheranno.
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