Un poco noto street artist britannico, Nathan Bowen, ha recentemente segnato il suo passaggio sulle isole, regalando una sua “opera” a un costone roccioso di Xlendi bay, a Gozo.
L’opera è in situ da diverse settimane ma è stata posta di fronte all’attenzione pubblica solo recentemente, dopo che un utente l’ha segnalata sul popolare gruppo Facebook maltese The Salott.
Apriti cielo. Centinaia di cittadini indignati hanno fatto sentire la loro voce virtuale, tanto che il giorno dopo, e per diversi giorni dopo, non si è parlato d’altro.
I media si sono a loro volta scatenati, editoriali e prese di posizione sono fioccati.
A quel punto potevano mancare i politici?
Non sono mancati.
Naturalmente non una voce si è levata in difesa dell’artista, e d’altronde come avrebbe potuto? È indifendibile. Ha addirittura siglato l’intervento con il suo indirizzo Internet, segno che più che all’arte pensava alla pubblicità.
Questo giornale ha recentemente trattato la località (turistica e balneare) di Xlendi per due fatti di cronaca: la chiusura alle balneazione per inquinamento agricolo, e la fuga dei turisti in seguito ai rumorosi cantieri edili presenti nella piccola località.
Tutti conoscono la frase che consiglia di guardarsi dal criticare la pagliuzza nell’occhio del prossimo quando si hanno problemi di trave nel proprio bulbo oculare, e sembrerebbe che a Xlendi bay sia stata inscenata una bella fiera dell’ipocrisia.
Nathan Bowen ha commesso un atto di vandalismo, e andrebbe punito per questo.
Ma chi distrugge il territorio in nome dello sviluppo, chi avvelena le acque in nome del profitto e chi priva i nostri figli di un ambiente sano andrebbe punito di più.
Soprattutto bisognerebbe chiedersi perché ci si indigna di più per un brutto graffito che tra qualche settimana sarà scomparso, che per l’alienazione delle terre demaniali a presunti “developer”.
I casi di Delimara, Zonqor, White Sands, Jerma e altre decine sono lì a dimostrarlo.
L’arcipelago maltese, i suoi abitanti e la sua classe dirigente, ha bisogno di stabilire le priorità per il suo futuro. Per il momento l’unico messaggio chiaro che è arrivato è «no ai graffiti».
Forse non è abbastanza.