Non ce ne rendiamo conto, perché almeno da due generazioni a questa parte non sappiamo più cosa sia una notte stellata osservata già soltanto semplicemente dagli spazi esterni delle nostre abitazioni, siano essi giardini o balconi, o banalmente passeggiando sul marciapiede di una metropoli poco dopo il tramonto.
Sono in tanti che l’espressione “notte stellata” la sanno associare esclusivamente a Van Gogh (e meno male) ma non anche allo spettacolo di cui potremmo godere ogni sera della nostra vita e per giunta ad “ingresso libero”.
Non lo sappiamo, perché la sicurezza ed i comfort che ci ha regalato l’illuminazione artificiale non ha suscitato alcuna preoccupazione sulla possibile ed evitabile osmosi tra progresso e perdita di quello che a Kyoto nel 1997 è stato dichiarato “patrimonio dell’umanità”, il cielo.
Ma, domandiamocelo: davvero non era possibile evitare che un esercito di lampioni (giusto per fare il primo esempio che mi viene in mente) fagocitasse il Piccolo Carro e buona parte del Grande (e non solo queste due costellazioni)?
Serviva illuminare la notte o bastava illuminare le strade, i parchi, le piazze, i marciapiedi ed ogni altro ambiente utile e/o necessario? Logicamente si escludono da questa carrellata gli spazi interni, a meno che non siate estimatori di eccellente musica d’autore e non ambiate ad avere il cielo dento una stanza.
Sì, in quest’articolo avrei voluto proprio scriverne e l’avrei voluto fare avvalendomi del contributo di esperti e stimati astronomi maltesi, purtroppo però non è stato possibile.
Ho scritto email (molte più d’una) e le risposte, per carità sempre estremamente cortesi, sono anche giunte, ma nelle stesse mi si consigliava di interloquire con una persona altamente qualificata che però, sfortunatamente, a causa di problemi personali di cui non rivelo per riservatezza la natura, non ha finora potuto concedermi del tempo.
Dopo circa un mese e supponendo che grosso modo l’entità dell’impedimento in capo alla persona che avrei avuto piacere di intervistare si fosse risolto, sono tornata alla carica con una nuova email sulla stessa falsariga delle precedenti, ponendomi per come è mia abitudine con chiunque, in punta di piedi, con discrezione, rispetto, garbo. Stavolta nessuna risposta, questo mi ha anche umanamente preoccupato, ma non avendo la confidenza necessaria per farmi i fatti suoi, mi sono tenuta la preoccupazione.
Non ho insistito, non sono una giornalista d’assalto, questo è certo, ma nessuno è perfetto.
A volte confesso di aver provato la sensazione di essere un pochino “sballottata” da una parte all’altra e che qualcuno si stesse inventando scuse per evitare l’argomento, ma poi mi sono detta: “Ma cosa vai a pensare? Malfidata che non sei altro!”.
Avrei voluto fare alcune domande in materia d’inquinamento luminoso. Avrei voluto chiedere se nell’arcipelago maltese esiste e – se esiste – in quale misura, l’attenzione a proteggere il cielo.
Non conosco i dati reali dell’inquinamento luminoso a Malta, sarebbe stata una delle domande che avrei voluto porre, dunque non posso parlarne, tuttavia ho fatto personalmente delle verifiche in loco, recandomi in posti differenti e distanti tra loro ed alzando gli occhi al cielo, ho contato non più di una ventina di corpi luminosi, in alcune zone anche meno, e questo in notti in cui non c’era Luna piena a “disturbare” la visibilità.
Ci ho fatto caso, me ne sono dispiaciuta, ma sia chiaro non è un problema solo maltese.
Tanto per farci un’idea, vi mostro di seguito una foto reperita sul portale dell’agenzia spaziale europea (ESA) e della NASA.
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Mi rendo conto che in queste immagini Malta sia solo un puntino difficile da distinguere, per questo ci provo con un’altra fonte, seppur meno dettagliata.
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È inoltre evidente che quello dell’inquinamento luminoso sia un problema su larghissima scala e nessuno vuol puntare il dito su una nazione in particolare, men che meno Malta, sono certa che questo l’abbiano presupposto anche coloro che avrei sperato fossero i miei interlocutori, ma credo sia importante che ogni Paese, dal più piccolo al più grande, si senta sensibilizzato sul tema e rifletta su ogni possibile strategia finalizzata ad evitare che i nostri figli, per osservare la Via Lattea, debbano recarsi necessariamente in luoghi remoti come il deserto di Atacama in Cile.
Al di là del fatto che puntando l’illuminazione artificiale solamente dove è necessaria se ne possa ottenere un risparmio energetico notevole e dunque un progresso realmente sostenibile, qui non si tratta di fare i conti al bilancio dei Governi, ogni Stato è a sé, e per molti il tema del risparmio energetico è un “non tema”, dipende dalle risorse, qui si tratta di buon senso, tema attorno al quale può non ruotare nemmeno un euro o milioni, dipende.
Tuttavia è sempre il buon senso a guidare un’etica condivisa e su questo dovremmo tutti riflettere attentamente ed interrogarci su cosa stiamo perdendo, in funzione di quale guadagno, per il benessere di chi, cosa non sappiamo, cosa non conosciamo, cosa non vediamo, di cosa stiamo privando le generazioni a venire.
È importante individuare le macro ma anche le micro responsabilità in materia di “light pollution”, ad esempio, ho un giardino ed ho comprato un piccolo lampione a sfera, dunque la luce è diretta sia in alto che in basso. Era necessario illuminare in alto o a me sarebbe bastata una luce che mi consentisse visibilità puntata dove cammino? Ve lo siete mai chiesti? Forse no, ma non è colpa vostra, la colpa è solo non parlarne e non sollevare la questione, ed io di questa colpa non voglio macchiarmi.
Qualcuno si chiederà il perché di questo mio editoriale, vi accontento. Tutto è nato quando anni fa mi sono trovata ai confini del deserto del Sahara. È stata la prima volta che ho visto un oceano di stelle sopra la mia testa e la via Lattea talmente luminosa da restare senza fiato.
Non l’ho più dimenticato e al contempo mi sono chiesta come mai dai posti in Europa dove ho vissuto e/o dove sono stata non fosse apprezzabile neanche un millesimo di tale meraviglia. Una metropoli non si può paragonare al deserto, siamo d’accordo, ma la differenza era troppa, inaccettabile per me, inspiegabile, dunque ho letto libri, articoli, dichiarazioni di esperti ed ho scoperto allora la piaga dell’inquinamento luminoso.
Le domande che avrei voluto porre agli esperti maltesi, come già detto, sarebbero state più di una, ma la più importante resta questa: “Cosa stiamo facendo di concreto ed utile perché la notte non venga inghiottita dalle luci artificiali?”. Non potendola fare a chi di competenza la faccio a voi lettori.
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