«È stato un giorno nero per Malta, un giorno che nessuno di noi avrebbe mai voluto vivere». Con queste parole Bernard Grech, leader del Partito Nazionalista, ha commentato quanto accaduto martedì fuori dal tribunale a Valletta, dove centinaia di sostenitori laburisti si sono radunati per esprimere fervido sostegno dell’ex Premier Joseph Muscat, tra i principali imputati nel “processo Vitalis” con accuse di corruzione, frode, riciclaggio e associazione a delinquere assieme a Keith Schembri (ex capo di Gabinetto dell’esecutivo Muscat) e all’ex ministro Konrad Mizzi.
Tuttavia, Grech non vede nei manifestanti dei colpevoli, ma dei semplici “strumenti” utilizzati dai laburisti per i propri fini: «Non è colpa di queste persone, ma di chi le ha istigate e le ha spinte a protestare fuori dai tribunali» ha affermato, aggiungendo: «Questa non è una lotta di un partito contro un altro. È una lotta popolare contro una cricca di persone che ha preso il controllo del partito di Mintoff e lo ha trasformato in una macchina per raccogliere una maggioranza abbastanza ampia da poter fare ciò che vuole».
Durante l’intervento a NET Television, il leader del PN ha poi rincarato la dose affermando che il Primo Ministro Robert Abela ha dato continuità all’amministrazione di Muscat, ovviamente nell’accezione peggiore, adottando tutte le misure necessarie per proteggere il suo predecessore.
«La macchina è la stessa, cambiare il leader non è sufficiente» ha sottolineato Grech, aggiungendo che il Paese si trova ad un bivio e le prossime elezioni rappresentano un passaggio importante. «Se Abela riuscisse a ottenere un’altra maggioranza elettorale – prosegue – la situazione sarebbe peggiore di quella attuale perché se non saranno i cittadini a fermarlo con il loro voto, nessuno lo farà. Facciamo quindi insieme una scelta saggia».
Grech ha infine ringraziato tutti i giornalisti che svolgono un lavoro indispensabile per rafforzare la democrazia a Malta e anche le Forze di Polizia che si sono adoperate per salvaguardare l’incolumità delle persone che si sono radunate a Valletta «dopo essere state incoraggiate a farlo».