Prosegue l’ondata di polemiche attorno al Primo Ministro, Robert Abela, finito al centro delle critiche per le sue recenti dichiarazioni sull’operato della magistratura e, nello specifico, su quello del magistrato che ha condotto l’indagine penale sull’accordo-truffa legato alla privatizzazione dei tre ospedali pubblici.
Le osservazioni del capo del governo descritte da Repubblika come «autoritarie e fasciste», sono state sostenute anche da alcuni membri del Partito Laburista e da ministri tra cui quello della Giustizia Jonathan Attard e quello degli Affari Interni Byron Camilleri, scatenando una reazione di preoccupazione all’interno della comunità politica e della società civile.
Le accuse – sostiene la Ong – sembrano mirare a minare l’indipendenza del potere giudiziario e a condizionare le indagini penali che coinvolgono ex funzionari del Partito Laburista, inclusi l’ex primo ministro Joseph Muscat, il suo ex capo di gabinetto Keith Schembri e l’ex ministro della salute Konrad Mizzi, ma il bersaglio si estende a qualsiasi funzionario pubblico del settore giudiziario, della polizia e del servizio di procura che agisce legalmente in linea con le conclusioni di quella indagine.
Inoltre, prosegue Repubblika, ancor prima che emergessero notizie sulla conclusione dell’indagine, Abela aveva già preso di mira il magistrato inquirente, accusandolo di essere parte “dell’establishment” e di condurre un’indagine tendenziosa contro Joseph Muscat e il Partito Laburista. Queste dichiarazioni avrebbero innescato una reazione a catena, con una campagna pubblica di vittimizzazione del magistrato da parte di funzionari governativi e dei media legati al Partito Laburista, che l’hanno «presa di mira fomentando odio e intimidazione ed esponendola a un credibile rischio di violenza».
«Ancora una volta assistiamo a uno sforzo coordinato condotto dall’Ufficio del Primo Ministro e guidato dall’incaricato in quel ruolo, per minare la credibilità di chi porta le prove di corruzione e tangenti alla loro logica e legale conclusione, per minacciarli, intimidirli e assicurarsi che le persone ragionevolmente sospettate di crimine e corruzione e qualsiasi associato politico con loro continui a godere di impunità» tuona la Ong, sottolineando il parallelismo con l’inchiesta su Daphne Caruana Galizia in cui emerse il «medesimo atteggiamento che causò la morte della giornalista, per il quale fu ritenuto responsabile lo Stato maltese».
Gli attivisti della società civile hanno poi ripreso le dichiarazioni pubbliche di Robert Abela che, in qualità di leader del potere esecutivo definì il suo ruolo come di «controllo e bilanciamento sul potere giudiziario» nell’interesse della stabilità politica e della sicurezza nazionale per sottolineare che il potere costituzionale non deve essere applicato in maniera «oltraggiosa (..) per proteggere individui politicamente potenti dall’affrontare un’accusa penale».
«Il comportamento del Primo Ministro equivale a un grave attacco all’indipendenza giudiziaria e allo stato di diritto» rimarca Repubblika, promettendo di continuare ad operare al fianco di «funzionari dello Stato con coscienza» per annientare ulteriori azioni che minino l’indipendenza giudiziaria e l’uguaglianza davanti alla legge.
La situazione sta sollevando parecchi interrogativi sulla reale separazione dei poteri e sull’equilibrio tra i diversi rami del governo.