Mario Sammartino, napoletano, classe 1956, dal 18 settembre 2017 è Ambasciatore d’Italia a La Valletta. Ci ha accolto nei suoi uffici per affrontare le tematiche più rilevanti del suo operato: i legami tra i due Paesi, i rapporti diplomatici e la delicata questione migranti, i servizi consolari e la vita degli italiani nell’arcipelago.
Che impressione le ha dato Malta al suo arrivo?
«In questo Paese ho subito avvertito il carico di storia e cultura dalla forte impronta italiana che lo ha attraversato nei secoli. L’architettura barocca, le arti figurative, i resti archeologici, le influenze nel vocabolario della lingua locale, i riti e le tradizioni: in questi e altri elementi l’Italia ha lasciato tracce notevoli. Per questo, dopo cinque anni in Malesia, arrivare a Malta è stato un po’ come tornare a casa».
D’altronde Italia e Malta sono vicini di casa. Quali sono i vantaggi di tale vicinanza nel suo ruolo diplomatico?
«I vantaggi più evidenti si manifestano sul piano culturale. L’Italia è un punto di riferimento per l’intellighenzia del popolo maltese, che da sempre riconosce l’autorevolezza della nostra cultura e ne viene emotivamente attirato. La vicinanza geografica e una rete capillare di collegamenti ha fatto sì che i prodotti italiani siano diventati di gran lunga i più conosciuti dal pubblico maltese. Esistono legami profondamente radicati in queste isole che hanno fatto scoprire ai maltesi il nostro sistema educativo e di ricerca. Non a caso esiste un’associazione, il cui acronimo è A.D.U.R.I.M., che riunisce una trentina di docenti e ricercatori italiani dell’Università di Malta: un segno di come due mondi accademici che non si conoscevano a fondo si siano incontrati creando nuove opportunità di cultura e conoscenza per gli amici maltesi. Vien da sé che, in un contesto così attivo e proficuo di dialogo e scambi, dove l’italiano è la lingua straniera più parlata e studiata, anche il compito di un ambasciatore risulti più facilitato, perché l’eccellenza italiana è già riconosciuta e agevolata. Italia e Malta, sempre per la vicinanza, condividono anche alcune sfide comuni da vincere insieme. Ne cito due: la tutela del Mar Mediterraneo, nostro habitat naturale, contro rischi di inquinamento irreversibili, e il contrasto alla criminalità organizzata. Tutto questo ci unisce e ci rende “fratelli”».
Tra vicini di casa però ci possono essere anche difficoltà, che negli ultimi tempi sembrano evidenti.
«Senza dubbio la vicinanza geografica, insieme alla diversità di sistemi economici, creano qualche problema. L’immigrazione è un caso esemplare di come può esserci una litigata che tuttavia non compromette una storica amicizia. Noi italiani rimproveriamo ai maltesi di non osservare alcune norme internazionali nella gestione dei traffici in mare, e una permissività alle imbarcazioni non in regola di dirigersi verso le acque italiane. E i maltesi respingono le accuse al mittente».
Questo sta incrinando i rapporti diplomatici, perlomeno sulla questione migranti?
«Una diversità di vedute su come effettuare operazioni di salvataggio in alto mare è l’unico argomento di tensione, ma la visione globale della gestione del fenomeno migratorio è condivisa. Entrambi i Paesi sostengono una condivisione tra tutti i Paesi europei della responsabilità delle migrazioni, una revisione delle norme di Dublino, un sistema di ricollocazione obbligatoria in tutta l’Unione Europea, un sistema condiviso per il rimpatrio di chi arriva senza averne il diritto, un rafforzamento del ruolo della guardia costiera libica per controllare le partenze e un grosso sforzo finanziario della stessa Unione Europea per sostenere i paesi di origine e di transito dei migranti, affiché nei primi si creino le condizioni per attenuare il desiderio di partenza e nei secondi si garantisca il rispetto dei princìpi dei diritti dell’uomo».
In passato Lei ha assunto ruoli direttivi nelle politiche di cooperazione allo sviluppo per la Farnesina. Dopo questa esperienza, come si pone rispetto all’idea di aiutare le persone in difficoltà “a casa loro”?
«Non posso che essere d’accordo, avendo lavorato per questo in tempi non sospetti, dal 2008 al 2012. Fa piacere vedere che con gli anni, in diverse forme, si siano tutti allineati su questa necessità».
Ma è una risposta valida e attuabile per fermare i processi migratori?
«È una soluzione giusta nel lungo periodo. Necessita sforzi e risorse notevoli, e non si concretizza da un giorno all’altro. Dobbiamo iniziare a costruire questo per il futuro, e nel frattempo capire come gestire al meglio i flussi di chi scappa da una guerra e di chi invece, per quanto meriti solidarietà, non ha diritto alla protezione internazionale».
Esiste poi un altro fenomeno di migrazione negli ultimi anni. Dall’Italia a Malta.
«Sì, migrazioni regolari di natura economica. E sono orgoglioso di constatare che nella quasi totalità dei casi gli italiani sono accolti a braccia aperte dagli amici maltesi».
Riscontra soddisfazione da parte della comunità italiana rispetto all’Ambasciata e ai servizi consolari?
«Non mi risultano lamentele generalizzate, anche se qualcosa di meglio si può sempre fare. Con la recente crisi economica la rete diplomatica e consolare ha sofferto di tagli importanti, anche su Malta. E mentre le nostre risorse si riducono, gli italiani sono in continuo aumento: le registrazioni all’A.I.R.E. sono quadruplicate negli ultimi due anni, passando dalle 2.000 del 2016 alle 8.000 di fine 2018. A questi si aggiungono i non iscritti, i turisti e coloro che hanno contatti importanti con Malta: tutti loro generano un grande lavoro che cerchiamo di fare al meglio attraverso una squadra affiatata, che lavora molto bene. Una squadra tutta al femminile, ad eccezione del Console».
Eppure qualcuno ironizza sugli orari di apertura al pubblico “ristretti”.
«Perché gran parte del lavoro fatto non si vede. Viene svolto dietro agli sportelli, negli orari di chiusura. In tutte le ambasciate d’Italia la tendenza è di ridurre l’apertura degli sportelli e portare gli adempimenti online per rendere più veloce la macchina delle richieste e lo svolgimento delle pratiche. Capisco i disagi che talvolta si manifestano, ma se immaginassimo orari di apertura extra lavorativi, la parte produttiva del lavoro si bloccherebbe».
Quali sono invece le più evidenti difficoltà degli italiani rispetto alla vita a Malta?
«Abbiamo raccolto diverse lamentele di chi vuole fare impresa ma non riesce ad aprire un conto corrente, che è anche obbligatorio. Un altro punto critico è il costo della vita e delle proprietà immobiliari, con una legislazione che ancora non riconosce a sufficienza la tutela degli inquilini».
Tornando all’iscrizione A.I.R.E., c’è una contraddizione: è obbligatoria, ma non sono citate sanzioni in caso di inadempienza.
«Ci sono tuttavia diversi svantaggi per chi non è iscritto, in diverse situazioni; soprattutto per quanto si riferisce all’erogazione dei servizi consolari. Da parte nostra c’è anche l’obbligo di iscrivere d’ufficio chi viene scoperto a svolgere un’attività lavorativa a Malta per un periodo superiore ai sei mesi nel corso dell’anno e non ha provveduto in autonomia».
In conclusione: l’ambasciatore, storicamente e per definizione, è colui che porta un messaggio. Qual è il suo messaggio per gli amici maltesi e per i nostri connazionali?
«Ai maltesi rinnovo la nostra amicizia secolare, che non sarà di certo qualche litigio tra governi a mettere in discussione. Agli italiani invece assicuro il nostro impegno al loro servizio. Sappiamo di dover migliorare, ma aiutateci a farlo. Dateci consigli e mostrate comprensione se talvolta non riusciamo a soddisfare a pieno e in tempo ogni richiesta. Ma facciamo il possibile, perché siamo qui per voi».