L’autobomba che lunedì scorso ha dilaniato la giornalista investigativa e blogger Daphne Caruana Galizia è stata valutata come uno degli eventi più tragici — se non il più tragico — da quando Malta è indipendente.
Leggi: Le inchieste scottanti sulle quali lavorava Daphne Caruana Galizia
In quanto italiani abbiamo una lunga tradizione di autobombe, e non a pochi la deflagrazione avvenuta a Bidnija ha fatto tornare alla mente la strage di Capaci, dove persero la vita Giovanni Falcone e la sua scorta, o l’autobomba di via D’Amelio, dove morirono Paolo Borsellino e cinque agenti di polizia.
Ma mentre le similitudini abbondano, va detto anche che c’è una grande differenza, che in pochi hanno sottolineato, e che getta un’ombra più scura e grave di quella provocata dall’attentato stesso.
L’autobomba che ha ucciso Daphne Caruana Galizia, e la lunga serie di attentati simili, ben 19 dal 2010 ad oggi, non era «contro lo Stato». La lunga guerra italiana tra Stato e mafia, a Malta non ha avuto, e non ha, luogo. Le autobombe maltesi sono interne ai rapporti di potere tra gruppi mafiosi locali. L’autobomba che ha ucciso Caruana Galizia ha voluto mettere a tacere una voce scomoda. Ma nessun attentato, qui a Malta, ha mai colpito apparati istituzionali.
Malta ha un serio problema, che non potrà essere risolto con slogan più o meno efficaci.
Jonathan Benton, ex capo dell’anti corruzione britannica, ha liquidato ieri la questione definendo l’arcipelago un «mafia state», uno stato mafioso.
Daphne Caruana Galizia prima di morire aveva scritto sul suo blog: «Adesso ovunque si guardi ci sono criminali. La situazione è disperata».
Difficilmente si riferiva ai borseggiatori bulgari di Sliema.