Una relazione sulla schiavitù moderna pubblicata in questi giorni ha individuato Malta come uno dei 20 paesi dell’Unione Europea dove il fenomeno è risultato in crescita nel corso dell’ultimo anno, in linea con una crescita globale che coinvolge gran parte del vecchio continente.
Il rapporto, intitolato Modern Slavery Index 2017, è la seconda edizione di uno studio pubblicato dalla società britannica Verisk Maplecroft, a un anno di distanza dal precedente. La relazione si è soffermata sulle criticità legate al traffico di persone, alla schiavitù e al lavoro forzato, valutando la situazione di 198 paesi in tutto il mondo rispetto anche alle leggi in vigore, alla loro capacità di contrastare il fenomeno nel concreto e alle pene previste per ciascuna violazione.
L’Indice di schiavitù moderna (MSI) mostra che i cinque paesi dell’UE che presentano il rischio più elevato sono Romania, Grecia, Italia, Cipro e Bulgaria, visti come territori chiave di accesso per i migranti extracomunitari, e di conseguenza estremamente vulnerabili rispetto al rischio di fenomeni di sfruttamento in diversi settori lavorativi, a partire dall’agricoltura, le costruzioni e i servizi.
Confrontando la situazione dei paesi europei rispetto all’anno precedente l’indice ha segnato una significativa crescita del rischio per la Romania e l’Italia, che nella classifica globale dei paesi più esposti sono salite di numerose posizioni. In questi due paesi vengono riscontrate, sempre a livello europeo, le peggiori violazioni sui diritti umani in ambito lavorativo, comprese forme gravi di lavoro forzoso.
Considerando inoltre che l’Italia ha preso l’85% dei 100 mila migranti che sono arrivati via mare fino ad oggi nel 2017, Verisk Maplecroft intravvede un possibile peggioramento della situazione nel corso del prossimo anno.
Sempre secondo la relazione, al di fuori dell’UE, la Turchia ha visto il secondo più grande aumento del rischio per l’arrivo di 100 mila rifugiati dalla guerra siriana, che combinato con il regime restrittivo per ottenere i permessi di lavoro all’interno del Paese ha portato migliaia di persone a far parte della forza lavoro occulta.
Nel resto del mondo migliorano Cambogia e India, mentre situazioni di rischio estremo sono state riscontrate in Corea del Nord, Siria, Yemen, Repubblica Democratica del Congo, Sudan, Iran, Libia, Eritrea e Turkmenistan.