Malta e Tunisia hanno sottoscritto un accordo sulla mobilità dei lavoratori tra i due paesi per rispondere al crescente bisogno di manodopera a basso costo, qualificata e non, nell’isola.
L‘intesa, come evidenziato da un soddisfatto ambasciatore tunisino a Malta, Zyed Bouzouita, dovrebbe aprire le porte ad una migrazione controllata e autorizzata tramite il rilascio di permessi di lavoro ad hoc per raggiungere Malta e dare così una prima risposta concreta ai flussi di migranti irregolari.
Ma agli aspetti positivi, come fatto emergere da un editoriale del Times of Malta, si uniscono anche dubbi e criticità: a partire dalla grande questione sulla sostenibilità di un modello economico che si appoggia su attività ad alto rischio, crescente consumo di suolo pubblico e privato, massicci progetti di costruzione e manodopera a basso costo. Tutto ciò continuerà ad aumentare un divario economico-sociale già oggi tangibile, alimentando tensioni e difficoltà di integrazione tra chi vive in residenze sempre più costose e chi deve invece accontentarsi di villaggi fatti da case-container per la bassa manovalanza.
È difficile anche immaginare come simili accordi, che magari possono reggere per uno Stato come la Tunisia che gode di una certa stabilità, possano invece alleviare le pressioni migratorie da Paesi come la Libia, la Somalia e lo Yemen, dove regna il caos e le partenze verso il nord del Mediterraneo sono spesso incontrollate o incontrollabili.
Bene quindi dare nuove opportunità a chi oggi non ne ha, e farlo nella legalità, ma occhio agli effetti collaterali indesiderati che, senza un’adeguata prevenzione, un domani potrebbero essere difficilmente controllati minando ulteriormente la qualità di vita della popolazione maltese.