I cittadini provenienti dai Paesi extra UE hanno fornito – e continuano a farlo – un importante contributo all’economia maltese rappresentando circa il 20% della forza lavoro locale. Tuttavia, ancora oggi, si trovano ad affrontare importanti sfide che minano la loro qualità di vita in diversi aspetti, a partire dal salario, risultato del 17% inferiore rispetto a quello medio dei maltesi.
È questa l’estrema sintesi del rapporto “Beyond GDP II: Condividere il nostro futuro economico o servire gli interessi del mercato del lavoro?” pubblicato nei giorni scorsi dalla Commissione Giustizia e Pace dell’Arcidiocesi di Malta in cui viene analizzato il ruolo dei lavoratori stranieri provenienti da Paesi terzi nell’economia maltese, sottolineando al contempo le difficoltà che essi affrontano.
Il documento è stato redatto in un contesto caratterizzato da continui cambiamenti nelle politiche migratorie e di una sempre più crescente dipendenza da questa forza lavoro, concentrandosi sulla necessità di garantire a queste persone equità e dignità, evitando che vengano trattate come meri strumenti per accrescere il PIL di Malta.
Anche perché, secondo i dati, la carenza di manodopera giovane, i bassi tassi di fertilità e con una popolazione sempre più “vecchia” (il 23,5% dei maltesi è anziano), è necessario fare affidamento a risorse “esterne” utili a controbilanciare l’asse demografico e la produttività.
Nell’agosto 2023, il 34,3% della popolazione totale in età lavorativa era composta da cittadini stranieri, la stragrande maggioranza dei quali (20%) proveniente da Paesi terzi, principalmente da India, Filippine, Nepal, Serbia, Albania e Colombia.
I dati evidenziano che i suddetti lavoratori, per la maggior parte giovani uomini tra i 25 e i 39 anni, erano impiegati prevalentemente in settori come servizi di supporto, ristorazione, edilizia, commercio all’ingrosso e al dettaglio e settore manifatturiero, ricoprendo mansioni a bassa produttività per le quali venivano richieste scarse specializzazioni.
Inoltre, i salari medi sono risultati inferiori del 17% rispetto a quelli dei maltesi, nonostante molti di loro fossero sovraqualificati per i ruoli che ricoprivano, il che evidenzia una disparità da sommare alle altre sfide legate al mercato del lavoro, come l’elevato turnover della categoria (nel 2023, ne sono arrivati a Malta oltre 33.000, ma circa 13.500 hanno poi lasciato il Paese).
Tra queste a giocare un ruolo chiave è il processo per ottenere il permesso unico di lavoro, descritto come “complesso e opaco”, con difficoltà burocratiche che aggravano la situazione di vulnerabilità. Barriere linguistiche, richieste di documenti difficili da soddisfare e ritardi nelle pratiche hanno spinto molti lavoratori extracomunitari a operare illegalmente, rendendoli ulteriormente esposti a sfruttamenti e abusi. Alcuni richiedenti hanno segnalato addirittura situazioni in cui chi ha risorse economiche o contatti riesce a trovare scorciatoie per aggirare la burocrazia, mentre chi è meno fortunato rimane intrappolato nelle maglie di un sistema che non agevola l’inclusione.
Una delle principali problematiche individuate è il rapporto che spesso vincola i cittadini provenienti da Paesi terzi a un datore e a una specifica mansione, impedendo loro di denunciare condizioni lavorative pericolose o discriminazioni, temendo ritorsioni o la perdita del permesso di soggiorno. Questo accresce in loro il senso di precarietà e insicurezza, che si riflette anche nella qualità di vita. Gli affitti sempre più alle stelle e la scarsa conoscenza delle normative porta spesso la categoria a vivere in alloggi sovraffollati o non conformi agli standard, sacrifici che affrontano per risparmiare e inviare denaro alle famiglie nei loro Paesi d’origine.
Anche il ricongiungimento famigliare rappresenta una sfida significativa, con requisiti economici più rigidi che portano al rifiuto di molte richieste, lasciando bambini senza documenti o impedendo loro di accedere a diritti fondamentali come l’istruzione. Alcuni di loro, pur essendo nati a Malta o già residenti qui, restano “invisibili” nel sistema a causa di ritardi o rifiuti nella documentazione, una situazione che aggrava le difficoltà delle famiglie coinvolte.
Il rapporto si basa su dati statistici e interviste con leader delle comunità straniere e altri stakeholder, offrendo un quadro completo delle esperienze economiche e sociali dei lavoratori extracomunitari. La Commissione sottolinea l’importanza di politiche che non solo riconoscano il contributo economico dei cittadini extra UE, ma che garantiscano loro anche condizioni di lavoro dignitose e un’inclusione concreta nella società maltese.
Il vescovo Joseph Galea-Curmi, commentando il rapporto, ha ribadito che il rispetto per ogni essere umano deve riflettersi nelle politiche e nelle azioni concrete messe in atto per salvaguardare i diritti e la dignità di tutti, indipendentemente dalla nazionalità o dallo status.
Daniel Darmanin, presidente della Commissione Giustizia e Pace, ha sottolineato che il rapporto mira a dare voce ai lavoratori extracomunitari, riconoscendone l’autonomia e il contributo, ma senza ignorare le sfide che affrontano.
«La Commissione considera questo rapporto uno strumento essenziale per dare forma alle politiche future, sollecitando il riconoscimento collettivo dei contributi significativi che i lavoratori dei Paesi extra UE danno a Malta e sottolineando l’importanza di promuovere una società in cui tutti possano trovare uno scopo, dignità e comunità» ha concluso Darmanin. Il documento integrale è disponibile a questo link.
(immagine di repertorio)
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