Da mesi stiamo tutti vivendo una situazione eccezionale ed anomala dovuta al Covid 19 che ha avuto un indiscutibile impatto sul nostro quotidiano, sia lavorativo che economico.
È innegabile che tutti i settori ne siano stati stati colpiti a cascata in misura maggiore o minore con conseguenze spesso negative di diversa natura. Una di queste che spesso si è dovuta affrontare, malgrado la buona volontà, è stata la difficoltà o impossibilità di eseguire i contratti in essere. Di qui le molte domande ricevute in merito a tale incresciosa evenienza.
In poche parole, pur essendo consapevoli che in condizioni normali vale la regola che agli obblighi contrattuali non ci si può sottrarre, in circostanze cosi straordinarie sorge spontaneo il dubbio sulla validità della sua permanenza. Vi sono o meno delle soluzioni praticabili a salvataggio? È applicabile il noto principio della “Forza maggiore”? Premetto che rispondere non è cosa immediata e che ogni caso fa sempre storia a sé. Ma proverò a dare delle linee guida di massima.
Si sente oggi spesso affermare che un soggetto può difendersi per la mancata o ritardata esecuzione di una obbligazione, rivendicando e dimostrando lo stato di forza maggiore scaturito e causato dalla Pandemia. Vediamo se ciò corrisponde al vero ed in quali termini.
Premesso che del principio di forza maggiore non esiste una definizione specifica nella legge Maltese, questo ha comunque caratterizzato anche di recente diverse favorevoli sentenze di merito, emesse soprattutto in riferimento alle seguenti norme del Codice Civile, ovvero:
L’articolo 1029 che stabilisce che “qualsiasi danno prodotto da un evento fortuito, o in conseguenza di una forza irresistibile, deve, in assenza di una disposizione espressa della legge al contrario, essere a carico della parte che ha subito il danno“;
L’articolo 1133 che ancora prevede che “il debitore, anche se non vi è stata malafede da parte sua, è responsabile per i danni, se di sua competenza, sia per l’inadempimento che per il ritardo nell’esecuzione dell’obbligazione, a meno che non dimostri che il mancato adempimento o ritardo era dovuto a una causa estranea non imputabile a lui“;
L’articolo 1134 che recita “il debitore non deve essere considerato responsabile per i danni procurati se gli è stato impedito di dare o fare ciò che si è impegnato a dare o a fare, o se ha fatto ciò che gli era proibito fare, in conseguenza di una forza irresistibile o di un evento fortuito“.
In breve, ed invia interpretativa, si è giunti a definire come “di forza maggiore” un evento che è caratterizzato dai seguenti elementi, ovvero essere: (i) irresistibile (cioè che rende di fatto impossibile per il debitore eseguire l’obbligazione); (ii) imprevedibile; (iii) causato da qualcosa di esterno; e (iv) del tutto inevitabile e al di fuori del controllo del debitore.
Le sentenze hanno spesso accettato come, in tali casi, una parte contraente che non adempia ai suoi obblighi possa essere esentata da responsabilità in relazione ai danni derivanti dal suo comportamento.
Ma attenzione, tale riconoscimento non comporterà affatto il diritto di poter recedere dal contratto e non impedirà ancora che la parte lesa pretenda che prima o poi gli impegni presi siamo rispettati, rimanendo l’obbligazione stessa comunque in essere.
Chiarito questo aspetto preliminare andiamo al tema centrale che riguarda la possibilità di recedere o risolvere il contratto in essere, premesso che la risposta per ogni caso specifico potrà passare solo per l’analisi dei diversi elementi contrattuali e di fatto presenti.
Per prima cosa andrà verificata la presenza o meno di una clausola che consenta la risoluzione dell’accordo in caso di occorrenza di un evento di forza maggiore che ne potrebbe agevolare la cessazione. Ma solo e sempre, in aggiunta, se la pandemia COVID-19 possa essere classificata come tale. Ovvero solo ed esclusivamente nel caso in cui la pandemia avrà reso di fatto impossibile l’adempimento dell’obbligazione e non averla resa semplicemente più gravosa, costosa o non più economicamente conveniente. Prova in pratica non sempre facile.
Riassumendo, le parti contraenti dovranno fare riferimento alle disposizioni del contratto per verificare prima se una clausola di forza maggiore sia eventualmente presente e se poi annoveri, tra le diverse casistiche eventualmente indicate, il caso di pandemia come evento rilevante, cosa che faciliterebbe l’agognata soluzione.
In caso invece di sua assenza si deve chiarire che non sarebbe comunque pregiudicato in assoluto il poter esercitare l’azione. Essendo infatti tale concetto giuridico riconosciuto, anche se il contratto non dovesse contenere una tale clausola, un ricorso basato su tale elemento potrebbe ritenersi fondato ed avere comunque successo.
Qualche ultimo suggerimento relativamente a contratti commerciali specifici.
Per quanto riguarda i contratti di locazione, le parti contraenti possono aver concordato tra le varie, un periodo definito “di rispetto” che deve essere onorato per intero. Comprendendo come questa si possa configurare e percepire come una obbligazione quanto mai onerosa, in questo diverso contesto, il miglior consiglio è di vedere come gli obblighi del locatario possano essere stati ostacolati negativamente e come effetto causale diretto dalla situazione derivante dal COVID-19. Se il locale abbia dovuto, ad esempio, sospendere l’attività perché imposto dal provvedimento del governo e/o se siano stati ottenuti aiuti economici dal Governo, saranno tutti elementi che, insieme alle altre clausole contrattuali, andranno analizzati e verificati caso per caso nella loro interezza al fine di determinare se, nel caso specifico e tra le diverse, l’obbligazione fosse divenuta semplicemente più difficile o se invece assolutamente impossibile con le diverse conseguenze del caso.
Una breve informativa, sempre nell’ambito delle locazioni commerciali, ma in ambito di diritto italiano, nel caso fosse di utilità a qualche lettore. Ad oggi le possibili opzioni in materia di recesso per forza maggiore parrebbero offerte in via principale rispettivamente dall’art. 27 della legge 392/78 – Recesso dal contratto di locazione per gravi motivi, e dall’art. 1467 codice civile – Risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta. Ma vedremo la giurisprudenza come si pronuncerà poi in merito ai casi concreti nel prossimo in futuro.
Tornando a noi, ancora la pandemia potrà anche aver avuto conseguenze, ad esempio, sulle obbligazioni inerenti a contratti preliminari di compravendita. Spesso il contratto è infatti condizionato alla erogazione di un muto bancario. Nel caso in cui a causa della mutata situazione la promessa parte acquirente mutuataria si trovasse disoccupata e non potesse più soddisfare le condizioni richieste per l’emissione del prestito da parte della banca, questa potrebbe ritirare la concessione. Cosa potrebbe gestire legalmente tale situazione non potendo più la parte onorare il contratto? Anche qui si dovrà valutare caso per caso valutando l’insieme dei diversi fattori che potranno determinare come descritto, in un senso o nell’altro, il giudizio di merito sulla eccepibilità della forza maggiore.
Osservazioni conclusive
Come consiglio generale, a chiusura di questo breve e spero utile intervento, ricordiamo come sia necessario per la parte che vorrà avvalersi di tale istituto valutare con attenzione il caso in modo da decidere con cognizione di causa ed ancora di prepararsi accuratamente prima di ogni azione. Infine, si suggerisce a coloro che ad oggi non sono stati ancora interessati da eventuali effetti derivanti dalla pandemia, ma che hanno in vigore contratti che non coprono questo tipo di scenari nell’ambito della definizione di forza maggiore, di attivarsi al meglio per cercare di rinegoziare tali contratti al fine di includere una clausola ad hoc che disciplini tali casi, semplificandone così l’eventuale gestione.
Avv. Fabrizio Speranza – WH Partners
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