Oggi si spenderanno tante parole per ricordare Giovanni Falcone.
Come ogni anno il magistrato assassinato a Capaci il 23 maggio del 1992 insieme alla moglie Francesca Morvillo e a tre agenti di scorta – Vito Schifani, Rocco Di Cillo e Antonio Montinaro – sarà seppellito dalla retorica che spesso accompagna molte vittime della mafia.
Lo ricorderanno tutti: molti amici e colleghi sinceri, ma anche tanti che lo hanno osteggiato apertamente spianando la strada ai suoi assassini.
Proprio per evitare di finire nell’ingorgo della retorica, in questa sede ci limitiamo a ribadire soltanto che Giovanni Falcone è stato un autentico eroe italiano: pur consapevole di ciò a cui andava incontro, ha provato fino alla fine a fare il suo lavoro con quella sobrietà e quell’equilibrio che manca a molti suoi colleghi e a quasi tutti i suoi presunti eredi.
E ha fatto fino in fondo la sua parte in un Paese che negli anni successivi si mostrerà più volte indegno del suo sacrificio, del sacrificio della moglie e degli uomini della scorta (senza dimenticare gli altri tre poliziotti e l’autista rimasti miracolosamente vivi).
A 29 anni da quella strage restano poche certezze.
Una su tutte: che Falcone pagò certamente il suo impegno contro la mafia, ma che fu consegnato ai boia di Cosa Nostra da pezzi dello Stato – compreso alcuni suoi colleghi – che fecero di tutto per isolarlo, trasformandolo in un facile bersaglio.
A Giovanni Falcone non dovremo mai smettere di dire “grazie”: ci renderà per sempre orgogliosi di essere italiani.