Golisano era la tesoriera del Consorzio, nonché amica della Premier Italiana Giorgia Meloni, che ha voluto corrisponderle pubblicamente un ultimo saluto:
Alle tre donne morte sul colpo purtroppo si è aggiunta anche una quarta vittima, Fabiana de Angelis, per la quale è stata dichiarata la morte celebrale nel pomeriggio di martedì 13 dicembre.
Il numero di vittime sarebbe potuto essere addirittura superiore, come evidenziato dalle Forze dell’Ordine che spiegano come il 57enne avesse con sé un totale di 170 proiettili.
La strage è avvenuta durante l’assemblea del Consorzio contro cui l’uomo nutriva da tempo un radicato odio e che aveva definito “una associazione a delinquere, direi anche mafiosa”, tanto che sopra allo scantinato della palazzina in costruzione dove viveva, risulta ben evidente uno striscione con la scritta “Consorzio Raus”, richiamando un celebre slogan nazista.
La discesa psicologica dell’uomo sarebbe partita già nel 2012, quando il killer, originario di Ladispoli, aveva dovuto fare i conti con la morte del figlio 14enne, avvenuta a seguito di uno schianto con lo slittino sulla pista di Croda Rossa a Sesto Pusteria. Il tragico evento avrebbe portato Campiti a ritirarsi nel rudere situato tra Ascrea e Rocca Sinibalda, in provincia di Rieti.
Da quel momento il suo già precario equilibrio psicologico sarebbe ulteriormente precipitato, dando il via alla séquelle di denunce e minacce ai vertici del Consorzio che nei mesi successivi si sono ulteriormente intensificate, tantoché il 57enne aveva iniziato ad affidare i propri deliri al blog che aveva creato per raccontare il rapporto conflittuale con la struttura del Lago di Turano.
Nei mesi successivi è parsa incessante la lotta dell’uomo contro tutto e tutti, senza trovare pace neanche a seguito della vittoria giuridica contro la pista sciistica che aveva segnato il lutto di suo figlio; con un crescendo di rabbia, disperazione e paranoia nei confronti del Consorzio in cui viveva in condizioni “al limite”, arrivando anche a rifiutare i fondi economici che il Comune di Ascrea gli aveva destinato. Un uomo solo, con alle spalle non soltanto la perdita di figlio, ma anche un matrimonio fallito e senza più un lavoro.
I membri del gruppo riferiscono di averlo denunciato più volte per minacce, senza trovare di fatto una reazione da parte delle autorità.
Già dai suoi canali social sembravano molti i campanelli d’allarme presenti tra gli scorci di una vita apparentemente normale, dove compariva sorridente, tra gite ed in compagnia di animali, alternando contenuti inneggianti al nazifascismo.
I deliri di Campiti erano ormai riversati ovunque: su Facebook, sul blog o nelle carte in possesso di politici e tribunali e, pertanto, quel che vien da chiedersi è come sia possibile che la lotta contro i mulini a vento intrapresa dal killer di Fidene non sia mai stata seguita con la dovuta attenzione delle Forze dell’Ordine.
Per questa ragione riecheggia con prepotenza il monito di Campiti che, con le seguenti parole, si lamentava sul suo blog della mancanza di rete idrica e fognaria, delle strade e dell’interruzione delle forniture di luce:
«Mi tengono senza illuminazione, si sa, al buio si vede meno e si può sparare in tranquillità»
Purtroppo Campiti è stato di parola.