Si può davvero riuscire a strumentalizzare anche un fatto di cronaca che ha segnato un’intera nazione? Ebbene sì, ed è ciò che è avvenuto “In Italia”, nel “Paese delle contraddizioni e delle mezze verità” così come cantavano, qualche anno addietro, Fabri Fibra e Gianna Nannini.
Dopo l’eclatante arresto del super latitante Matteo Messina Denaro e le polemiche che subito dopo si sono succedute in merito ai tempi occorsi per la sua cattura, circa trent’anni, qualcosa si muove e a muoversi non sono le rivelazioni o le confessioni di un boss pentito dietro le sbarre. A muoversi oggi è la moda. È così infatti che, in Italia, un “padrino uscente” può trasformarsi in un influencer. Montone, cappellino di lana in tinta, pantaloni cargo colore beige, scarpe da ginnastica ai piedi e gli intramontabili Ray-Ban, completano il look sfoggiato dal ricercato più famoso al mondo al momento del suo arresto, e che pare oggi essersi trasformato in un abbigliamento più che “cool” e, manco a dirlo, “super ricercato” da chi vuol emulare, anche se solo nell’outfit, il “padrino” dei giorni nostri.
Un fenomeno, questo, che ha delle implicazioni sociologiche non indifferenti e che andrebbe approfondito in cattedre universitarie ma che, oggi, pare, si consumerebbe tristemente dietro i banconi di diversi esercenti del napoletano, almeno stando alle segnalazioni. Sembra infatti, che proprio nel territorio partenopeo, stia letteralmente spopolando il “Matteo Messina Denaro style”.
Un caso che è diventato virale dopo esser stato denunciato dal deputato campano Francesco Emilio Borrelli che sulle pagine dei suoi social ha diffuso la foto di un uomo che indossa gli stessi abiti di Matteo Messina Denaro al momento del suo arresto. Un’immagine, questa, che a dover di cronaca, gira oramai su internet da alcuni giorni, dopo l’avvenuta cattura del super latitante, insieme a tante altre.
E poi c’è anche il video diffuso su TikTok da un negoziante che, con evidente accento campano, si rivolge al pubblico proponendo l’affare: «Vi voglio far vedere gli ultimi due montoni “Matteo Messina Denaro style”, scontati ad un superprezzo», e rilanciato dallo stesso Borrelli che ne ha condannato il gesto. Il video, ancora fruibile su internet, dimostra la triste presenza di una domanda di mercato su questa merce, e lì dove c’è una domanda, c’è anche una risposta. E la risposta non si è fatta troppo attendere perchè a quanto pare, gli affari, ai piedi del Vesuvio, sono in netto aumento.
“Borrelli, adesso basta, siamo davvero stanchi di assistere a questo degrado socioculturale. Vendono i giacconi in stile ‘Matteo Messina Denaro’. Vergognoso.”. pic.twitter.com/rrAKJ0CYqj
— Francesco Borrelli (@NotizieFrance) January 24, 2023
Cosa spinga le persone a voler vestire i panni di un cruento assassino e tornacontista, di un pluriricercato, di una persona che ha inflitto tanto dolore alle sue vittime, rimane un mistero. Ed una replica è necessaria quando il grottesco fenomeno della moda di un “padrino” viene emulata senza farsi troppe domande. In passato qualcosa del genere era già accaduto, ma si trattava della famosa e premiata pellicola cinematografica de “Il Padrino”, un film del 1972 diretto da Francis Ford Coppola, primo della trilogia firmata dallo stesso regista. All’epoca ad essere influenzata fu ancora una volta la moda maschile e lo stereotipo da adottare per essere considerati dei veri “uomini”.
Poco importa se l’esercente autore del video si è poi scusato con il pubblico diffondendo un altro filmato, questa volta di scuse, sdrammatizzando con «Era solo ironia». Ormai il precedente, ora rimosso, era già andato virale, visualizzato da fin troppe persone che, per modello, «non hanno le vittime o i veri eroi antimafia, perché quelli non fanno tendenza», come ha sottolineato Borrelli.
A proposito “dell’influenza” della mafia, era il 1963 quando, dopo aver visto un film “di mafia”, Leonardo Sciascia scrisse un articolo passato alla storia: «Quando capita di assistere a un’opera del genere lo spettatore è portato a chiedersi non più che cosa è la mafia, ma che cosa la mafia non è!».