Si chiude così la latitanza durata trent’anni del boss mafioso Matteo Messina Denaro, arrestato questa mattina dai carabinieri del Ros in un blitz all’interno della clinica privata “La Maddalena” di Palermo, dove era in cura da almeno un anno sotto il falso nome di Andrea Bonafede. Lo fa sapere Ansa, aggiungendo che l’inchiesta è stata coordinata dal procuratore di Palermo Maurizio de Lucia e dal procuratore aggiunto Paolo Guido.
Dopo la cattura, l’uomo più ricercato degli ultimi trent’anni è stato trasportato nella caserma dei carabinieri San Lorenzo in via Perpignano per poi trasferirlo in elicottero in una località segreta.
Sempre secondo fonti investigative riportate da Ansa, Denaro era solito sottoporsi a controlli regolari presso la suddetta clinica, ed è proprio durante uno di questi che è stato fermato.
Originario di Castelvetrano (TP), figlio di un mafioso di rango, alleato di Totò Riina, Matteo Messina Denaro era in fuga dall’estate del 1993. Più di lui ha saputo fare solo Bernardo Provenzano, con 38 anni di latitanza. Condannato all’ergastolo per decine di omicidi, tra cui quello del piccolo Giuseppe Di Matteo, il bimbo di dodici anni sciolto nell’acido nel 1996 nel tentativo di evitare che il padre, l’ex mafioso Santino Di Matteo, collaborasse con gli investigatori, per il suo arresto, negli anni, sono stati impegnati centinaia di uomini delle forze dell’ordine.
«Una grande vittoria dello Stato che dimostra di non arrendersi di fronte alla mafia»: ha commentato il presidente del Consiglio Giorgia Meloni alla notizia dell’arresto di Matteo Messina Denaro.
Dopo l’intervista che due mesi or sono Massimo Giletti ha fatto a Salvatore Baiardo, prestanome del boss Giuseppe Graviano, non è proprio possibile vedere questo episodio come una “grande vittoria dello stato”.
Messina Denaro, colpito da un tumore e da altre patologie gravi, quali una insufficienza renale che lo costringeva alla dialisi, avrebbe negoziato il suo arresto in cambio dell’abolizione del regime di “Ergastolo Ostativo” (cioè l’impossibilità di accedere ai benefici penitenziari).
Ed in effetti la dinamica con cui si sono svolte le operazioni di arresto mostrerebbero che l’operazione era stata in realtà concordata.
A questo punto, l’abolizione dell’ergastolo ostativo, suonerebbe come una conferma.
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