Si fa sempre più forte il sospetto che qualcuno – sicuramente più d’uno – stia sabotando la faticosa ricerca della verità sull’omicidio di Daphne Caruana Galizia.
Uno dei tanti interrogativi senza risposta porta la firma del deputato Glenn Bedingfield: in Parlamento l’esponente del partito laburista è intervenuto dopo che un tribunale ha respinto la richiesta degli avvocati del presunto mandante Yorgen Fenech di presentare come prove due laptop e tre hard disk della giornalista assassinata nell’ottobre del 2017. Il tribunale ha dichiarato che i dispositivi non erano in possesso della polizia e quindi era materialmente impossibile portarli in aula per esaminarli.
Dunque, gli strumenti di lavoro di Daphne – due computer portatili e tre “memorie” elettroniche – sono “spariti” nonostante potessero rappresentare – a prescindere da Fenech – un elemento decisivo per capire a cosa stesse lavorando la cronista prima di essere ammazzata.
Secondo Bedingfield dovrebbero essere intraprese azioni contro coloro che hanno manomesso le prove o non le hanno cercate, oppure ne hanno ordinato la distruzione. A quanto pare, infatti, il materiale è stato distrutto, non si è capito ancora su ordine di chi e – soprattutto – perché.
Laptop e hard disk non esistono più, furono spediti in Germania per essere analizzati, ma successivamente da Malta nessuno ha mai avanzato alle autorità tedesche una richiesta per riaverli indietro e utilizzarli per le indagini.
«Perché è successo? – si è chiesto il deputato laburista -Tante cose erano state dette sul processo. Tanto era stato detto sul contenuto di chat e documenti, eppure questa vicenda era stata sempre nascosta. Nell’interesse di chi? Certamente non nell’interesse della giustizia».
Bedingfield ha anche difeso il governo, sostenendo che l’attuale esecutivo ha fatto il possibile per arrivare alla verità: «Il governo ha lavorato affinché si facesse giustizia sulla base di fatti concreti, non ricorrendo a semplici parole e slogan. Coloro che hanno manomesso le prove dovrebbero rispondere delle loro azioni perché tutti dovrebbero essere uguali davanti alla legge».