Una truffa di milioni di euro messa a segno dalla mafia dei Nebrodi a danno dei coltivatori onesti. Un giro di soldi “nascosti” in banche compiacenti in tutta Europa. E dalle carte spunta anche un istituto maltese.
Puntano sui soldi dell’Unione europea i clan messinesi che, da quanto emerge dall’inchiesta del Ros e della Finanza che ha portato pochi giorni fa all’arresto di 94 persone, avrebbero intascato indebitamente fondi europei per oltre 5 milioni di euro, mettendo a segno centinaia di truffe all’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea), l’ente che eroga i finanziamenti stanziati dall’Ue ai produttori agricoli.
Per un paese come l’Italia, nel quale i prodotti della terra hanno costituito da sempre uno dei più importanti fondamenti della cultura, queste notizie fanno ancora più male.
La nazione che ha puntato sull’eccellenza in termini di gastronomia talmente tanto da farne il tema trainante in occasione dell’Expo 2015 è anche la nazione in cui la mafia tiene una presa tanto forte da danneggiare quasi tutti i settori.
Inclusa l’agricoltura.
La frode ha coinvolto in particolare l’area dei Nebrodi tramite l’azione di clan messinesi, che hanno truffato l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea) falsificando le carte e minacciando i proprietari dei terreni.
Per evitare che venisse scoperto, il denaro frodato all’Unione è veniva spostato attraverso conti in Lituania, Bulgaria ed altri paesi. E figura anche una banca maltese tra le responsabili dell’occultamento.
Il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho ha dichiarato che «la presunta frode ha coinvolto migliaia di ettari di terreni agricoli nella Sicilia orientale che si sono qualificati fraudolentemente per sussidi a partire dal 2013».
Secondo le autorità italiane, carabinieri e Gdf hanno arrestato un totale di 94 persone coinvolte nel racket.
Ad oliare l’ingranaggio come spesso accade è la corruzione di funzionari pubblici, grazie ai quali la Mafia siciliana è riuscita a frodare più di dieci milioni di euro.
Anche le banche fanno la loro parte
La prima fase era l’individuazione di terreni per i quali non era ancora stata fatta richiesta di contributo.
Successivamente, i proprietari reali degli appezzamenti venivano forzati a stipulare falsi contratti di affitto a prestanome dei mafiosi o tramite falsi atti notarili.
Dopodiché la pratica per la richiesta dei fondi europei veniva istruita da funzionari corrotti i quali facevano anche sì che si saltassero i dovuti controlli. Una volta ottenuti, i fondi venivano accreditati al prestanome del boss generalmente su conti esteri.
I nomi delle banche purtroppo non sono stati resi noti, si sa però che fra questi figura anche quello di una banca maltese.