Secondo il tribunale non c’era alcun motivo valido per sottoporre sei migranti a procedure di profilassi medica arbitraria. Accolto il ricorso, possono finalmente riacquistare la loro libertà.
Immagina di venire salvato in alto mare, interrogato dalle forze di polizia senza l’ausilio di un interprete e portato verso un centro di detenzione.
Vieni trattenuto per dieci settimane.
Le poche cose in tuo possesso vengono confiscate, e ti viene consegnato un documento in cui si dispone la limitazione dei tuoi movimenti sul territorio in cui sei sbarcato, perché sospettato di essere portatore di una malattia che potrebbe scatenare epidemie.
Si rendono necessari dei controlli se arrivi da un paese non europeo ma ti aspetteresti, oltre a uno screening medico, di ricevere degli aggiornamenti sul tuo stato di salute e di tornare presto in libertà se negativo ai test.
Ti viene fatta una scansione toracica di cui non vieni a sapere i risultati ma nel frattempo presenti la tua domanda di asilo per regolarizzare la tua presenza.
Di quando in quando visiti il centro sanitario o l’Ufficio del Commissario per i rifugiati, ma sempre ammanettato.
Cominceresti forse a credere che si tratti di procedure più simili alla prigionia che non a una profilassi sanitaria?
È questo che devono avere pensato i sei richiedenti asilo che, tramite gli avvocati della Fondazione Auditus, hanno presentato una denuncia per essere stati trattenuti oltre il limite legale.
La legge consente effettivamente l’estensione del periodo di detenzione iniziale di 4 settimane fino a dieci allo scopo di “finalizzare i test microbiologici che potrebbero essere necessari”. Non oltre.
A prescindere da questo, i migranti hanno affermato di non avere ricevuto durante tutto questo periodo alcuna cura per la presunta malattia.
E neppure sono stati posti in quarantena nella caserma.
«Da diversi mesi, Malta detiene richiedenti asilo per i motivi di salute sopra menzionati. Abbiamo ripetutamente comunicato con le autorità, avvisandole delle gravi questioni sollevate da questa detenzione in termini di mancanza di conformità agli standard sui diritti umani», ha commentato l’avvocato Neil Falzon.
Fortunatamente, la cosa si è risolta a loro favore dal momento che, sentite le osservazioni del procuratore generale, delle autorità sanitarie e gli avvocati delle parti, il tribunale ha stabilito che la detenzione non aveva motivo legale valido per andare oltre e ha accolto il ricorso dei migranti.