Poco più di un anno trascorso in galera per una di quelle infamie che ti marchiano per la vita.
La storia di Emanuel Camilleri è iniziata con un dramma e si è conclusa con un lieto fine. La storia comincia diversi anni fa, quando la polizia lo arresta per un reato gravissimo: violenza carnale. Ad accusarlo è la figlia, che all’epoca dei fatti ha solo dieci anni: agli inquirenti dice che il babbo ha abusato di lei. Camilleri finisce in carcere e viene condannato. Sembra finita.
Invece dopo diverso tempo, la figlia riferisce ai poliziotti un’altra verità: suo padre non l’ha mai sfiorata e lei aveva raccontato una clamorosa bugia solo perché istigata dalla madre, definita maniaca del controllo e possessiva. Sulla base della ritrattazione, l’uomo è stato prima scarcerato, poi scagionato e infine risarcito.
Camilleri, ex insegnante, ha parlato del suo calvario in una intervista al Times of Malta, nel corso della quale ha ripercorso tutte le tappe della vicenda, soffermandosi in particolare sui 397 giorni di carcere che lo hanno segnato irrimediabilmente.
È stato risarcito con 23mila euro per l’ingiusta detenzione ma il denaro non può certo rendere meno dolorosa una esperienza che lo ha portato persino a ipotizzare un gesto estremo. Ci ha messo una decina d’anni per uscire indenne da una vicenda giudiziaria penosa, un lungo periodo nel corso del quale si è sentito perso:
«Non appena sono stato condannato, la prima cosa che mi è passata per la mente è stato il suicidio. Ad essere onesti, ho trovato un punto in cui non c’erano telecamere di sicurezza e ci ho pensato davvero».
A salvare Camilleri dal baratro è stata la sua nuova moglie, Desiree, sposata nel 2015. «È stata il mio pilastro – ha detto – senza di lei avrei ceduto».
Con la figlia che lo accusato prima di ravvedersi, non ha più legami; sebbene abbia espresso il desiderio di rivederla, almeno una volta:
«Vorrei parlare con mia figlia, sì, quello che voglio davvero sapere è perché, perché quella domanda non ha mai avuto una risposta veramente per me. Il mondo intero conosce il ‘come’, ma mi piacerebbe davvero sapere perché».
Oltre al trauma per le accuse ingiuste e per la permanenza in carcere, Camilleri ha dovuto affrontare anche un’altra difficoltà: trovare un nuovo lavoro. Faceva l’insegnante, ma è riuscito a ottenere solo un posto come autista. Una situazione che lo ha scombussolato provocandogli una forte depressione. Ma, per fortuna, l’incubo è dietro le spalle.