Hanno un volto e un nome i due subacquei che hanno perso la vita sabato 6 luglio dopo aver riscontrato delle difficoltà durante un’immersione a circa 1,4 miglia di distanza dalle coste di Zonqor, Marsascala. I due cittadini polacchi Krzysztof Bialecki e Dominik Dubaj stavano esplorando il relitto “Le Polynesien” situato ad una profondità di 60 metri, quando qualcosa è andato storto.
Pochissime le informazioni rese note sull’incidente ora oggetto di indagini da parte degli inquirenti e della magistratura ma, da quanto si apprende, sembra che Dubaj abbia riscontrato delle difficoltà in profondità e che il suo compagno di immersione Bialecki sia intervenuto per soccorrerlo, seppur consapevole del rischio. I due avrebbero poi tentato una rapida risalita in superficie che non avrebbe consentito loro di effettuare le dovute tappe di decompressione. Pare essere stata proprio questa la causa del tragico epilogo.
Bialecki e Dubaj sono stati recuperati da una motovedetta delle Forze Armate intervenuta sul posto dopo l’allarme lanciato da una nave charter locale, e trasportati alla base di Haywharf prima della disperata corsa in ambulanza al Mater Dei. Per uno dei due uomini il decesso è sopraggiunto poco dopo aver fatto ingresso in ospedale, mentre l’altro sub che era con lui, ricoverato in gravi condizioni, ha ceduto alle lesioni riportate nell’incidente a distanza di poche ore.
Secondo quanto riferisce il portale Divernet, Bialecki era un subacqueo esperto, fondatore di “Diving Explorers” con sede a Londra, il più grande club di immersioni per espatriati polacchi in Inghilterra del quale anche Dubaj era membro, e che ora piange la scomparsa della sua guida.
Ora, per lui, si sono mobilitati gli amici, che hanno dato il via a una una raccolta fondi per supportare la sua famiglia, organizzare l’ultimo saluto e rendere omaggio alla memoria di “Tato” (“Papà”, in polacco), soprannominato così da chi gli voleva bene. La somma raccolta attraverso il portale Just Giving sarà inoltre destinata alla realizzazione di una targa commemorativa presso il relitto che stavano esplorando, «così potremo visitare Tato quando vogliamo» – scrivono – e per essere utilizzata «in qualunque modo la famiglia ritenga opportuno farlo per alleviare il dolore della perdita».