Sono le ore del dolore più grande per la famiglia di JeanPaul Sofia, vittima del crollo della palazzina in costruzione nella zona di Kordin, avvenuto ieri mattina. Il 20enne è morto sul luogo di lavoro, dove era arrivato da appena 9 minuti.
La tragedia si è compiuta in un attimo. L’edificio ha iniziato a sgretolarsi e in pochi secondi è collassato, travolgendo 6 operai. Tra di loro, anche il giovane JeanPaul, finito letteralmente sepolto dalle macerie. Le incessanti operazioni di soccorso si riveleranno inutili: il suo corpo verrà recuperato 15 ore dopo. Per tutto il tempo, la famiglia del ragazzo ha assistito impotente ai vani tentativi di salvataggio, travolti ora dopo ora dalla disperazione, dalla consapevolezza che non avrebbero più rivisto JeanPaul.
JeanPaul aveva tutta la vita davanti. Così come i suoi amici, in un’età in cui difficilmente ci si raffronta con la morte. In breve tempo, i social sono stati sommersi da messaggi in ricordo del giovane residente a Swatar.
«Continuavo a sperare che la persona che sotto le macerie non fossi tu, Jean – scrive su Facebook un’amica, aggiungendo – Grazie per le volte in cui sei riuscito a farmi sorridere. Nel mio cuore non potrò mai dimenticare i momenti passati assieme. Quando volevo parlare con qualcuno eri sempre lì per me. Eri un vero amico, pronto ad aiutare a tutti i costi».
«Chissà cos’hai passato, cos’hai sentito e visto. È uno shock – scrive commossa un’altra amica – Grazie per le volte in cui abbiamo riso insieme. Veglia su di noi, soprattutto sulla tua famiglia».
Sono soprattutto gli amici di lunga data a non riuscire a farsi una ragione di quanto avvenuto. «Ti conosco da oltre 14 anni – scrive un ragazzo – non riesco ancora a credere che ci hai lasciato così presto. Sto ancora aspettando il tuo ritorno, ma so che non accadrà. Non ho abbastanza parole per ringraziarti per tutto ciò che hai fatto. Non sai quanto la tua presenza influiva sulle persone. Era troppo presto per te ma, come si usa dire: se il destino ha scelto così, non poteva andare diversamente. Ora ti chiediamo di vegliare su di noi come facevi quando eri qui. Fino a quando non ci rivedremo, ci mancherai come collega e come amico».
La tragedia ha inevitabilmente scatenato la gogna mediatica sull’edilizia maltese che si è riversata sui social. Sono in molti infatti a puntare il dito sulla scarsa sicurezza nei cantieri dell’arcipelago. Tra i commenti di indignazione, tanti fanno riferimento non solo alla sicurezza nel senso stretto del termine, ma anche sui materiali e sulle tecniche utilizzate per la costruzione degli edifici che soffocano il Paese ogni giorno sempre più ostaggio del cemento.
Commenta un cittadino: «Cosa ci vorrà perché gli addetti del settore edile ammettano che troppe cose vengono fatte male in questo settore “imprenditoriale”? Secondo le segnalazioni, la vittima era sul posto per “una commissione”. Non faceva nemmeno parte della squadra regolare di operai sul posto. Possa la tragica morte di questo giovane essere il catalizzatore per l’implementazione, una volta per tutte, di adeguati e rigorosi requisiti di vigilanza su tutti i cantieri (nessuno escluso) almeno durante le fasi più cruciali dei lavori».
Quanto avvenuto non è catalogabile come “fatalità”. È crollato un palazzo in fase di costruzione. Che si sia trattato di un errore di progettazione, di realizzazione o di scelta di materiali, poco importa. La morte di JeanPaul era evitabile, e questo forse lascerà, se possibile, ancora più cicatrici nell’animo di tutte le persone che lo amavano, ma anche di un Paese intero che ha assistito, inerme, alla tragedia.