Precedentemente assolto dalle accuse di stupro verso una collega e riconosciuto colpevole “solo” di aver molestato sessualmente un’altra giovanissima recluta, reato per cui fu condannato ad un anno di carcere con pena sospesa per due anni, un poliziotto della stazione di Msida dovrà tornare in giudizio.
La Corte d’Appello ha infatti annullato il verdetto e ordinato un nuovo processo, includendo come prova una confessione resa dall’imputato e precedentemente esclusa poichè considerata inammissibile dal giudice del primo processo a causa di questioni legate alle procedure di cautela legale.
Malgrado ai tempi la giovane presunta vittima dichiarò di essere stata molestata sessualmente dall’ufficiale in due episodi, il giudice ritenne la sua dichiarazione non veritiera, sottolineando incongruenze nel suo racconto e affermando che era “più probabile” che il rapporto sessuale fosse stato consensuale. Inoltre, in quell’occasione, il giudice paragonò la stazione di polizia di Msida a un “bordello”, sottolineando tuttavia che alcuni comportamenti non implicassero necessariamente una condotta criminale.
In merito al nuovo processo, il punto focale riguarda l’ammissibilità della confessione resa dall’accusato nel 2018. Gli avvocati della difesa sostennero che non era legalmente valida a causa delle modalità di notifica verso una persona che si trova agli arresti, ritenute non in linea con l’emendamento del 2016.
L’accusa ha insistito che, sebbene questo avviso fosse obsoleto, ciò non cambiava il contenuto della dichiarazione che rimaneva rilevante e incriminante, pertanto utilizzabile come prova nel processo a carico del poliziotto.