È tornato in aula il caso del femminicidio di Bernice Cassar, uccisa a sangue freddo in strada la mattina di martedì 22 novembre.
Le prove contro Roderick Cassar, marito della vittima e unico sospettato del delitto, si fanno sempre più schiaccianti. Oltre alla presenza di numerosi testimoni oculari (già emersa nelle sedute precedenti) di quella che sarebbe stata una vera e propria esecuzione, sono emersi nuovi fatti avvenuti le ore antecedenti l’arresto dell’uomo.
Secondo quanto riportano i media locali, la sera di lunedì 21 novembre, un collega della vittima avrebbe infatti segnalato alla polizia per diffamazione un post pubblicato su Facebook da Roderick Cassar, che si concludeva con una frase inquietante, che oggi assume un significato ben preciso: «La vendetta è d’obbligo». Il post avrebbe fatto riferimento proprio al collega di Bernice, che Cassar sospettava avesse una relazione con la moglie dalla quale si stava separando, dopo aver ricevuto numerose denunce per violenza domestica.
In aula ha inoltre testimoniato l’ispettore di polizia che ha raccolto la segnalazione, spiegando di non aver dato seguito alla procedura, consigliato invece al collega di Bernice di rivolgersi a un avvocato.
In tribunale è stata chiamata a deporre anche una donna, che conosceva sia la vittima sia Roderick Cassar, e che il giorno dell’omicidio si sarebbe preoccupata per un altro post pubblicato su Facebook ancora una volta dall’imputato, questa volta rivolto ai due figli, ai quali chiedeva “perdono”. Il testimone avrebbe quindi chiamato poco dopo Roderick, con la paura che stesse meditando il suicidio. Una volta risposto, l’uomo le avrebbe confessato l’omicidio della moglie, esclamando «L’ho uccisa», dichiarando di non voler finire in prigione e poi ringraziandola per essersi preoccupata per lui.
Infine, è stato il turno dello psichiatra incaricato di valutare la salute mentale del presunto omicida: Roderick Cassar soffrirebbe di claustrofobia, un problema che gli avrebbe causato una crisi mentre era rinchiuso in cella, dopo l’arresto. Al netto di quest’aspetto, mercoledì 23 novembre l’imputato è stato dichiarato idoneo a sostenere un processo. Inoltre, negli scorsi mesi l’uomo era già stato in cura da uno psichiatra, con l’ultima seduta terminata a giugno.
Sempre in tribunale sono emersi anche nuovi aspetti sulle dinamiche dell’omicidio. Il medico legale ha infatti confermato quanto già detto in precedenza: Bernice è stata raggiunta da due proiettili, uno al volto e uno al petto. Il primo sarebbe stato esploso mentre la donna si trovava in piedi davanti al suo assassino, con il fucile puntato al collo dal basso verso l’alto, mentre l’altro quando la vittima era ormai già riversa a terra. Vicino al corpo è stato inoltre rinvenuto un solco, riconducibile ad un terzo proiettile non andato a segno.