Bernice Cassar ha vissuto un incubo durato anni, prima di essere uccisa. È quanto emerso anche nell’ultima udienza del processo a carico di Roderick Cassar, unico accusato dell’omicidio della donna, sua moglie, dalla quale si stava separando.
A dipingere il vortice di paura nel quale la vittima era intrappolata, è stata sua sorella, Alessia Cilia Portelli. Un’esistenza fatta di violenza e minacce, sia psicologiche che fisiche.
Secondo i ricordi della donna, i primi problemi noti risalgono a qualche anno fa, quando una chat di WhatsApp tra Bernice e alcuni suoi colleghi di lavoro aveva scatenato l’ira del marito, fino a spingerlo a non partecipare al compleanno del figlio, per poi picchiarla il giorno successivo lasciandole alcuni lividi sul collo.
Un’altra volta, l’imputato avrebbe minacciato di uccidere Bernice con una “pistola” per la posa del silicone, mentre la sbatteva su un tavolo.
Secondo Cilia Portelli, Bernice era spaventata «perché aveva perso il controllo sulla propria vita».
Sempre la testimone ha poi raccontato alla corte un altro episodio, quando avrebbe dovuto lasciare suo figlio alla sorella per andare a un matrimonio. Bernice l’avrebbe però chiamata piangendo, dicendole di non portare il bambino. Questo perché il giorno precedente il marito della vittima sarebbe uscito di casa il pomeriggio ma, non vedendolo poi rincasare, Bernice si sarebbe preoccupata e avrebbe chiamato la suocera, scatenando la furia dell’uomo. Secondo la testimonianza di Cilia Portelli, Bernice avrebbe passato la notte chiusa nella camera dei due figli, confidando di aver avuto paura anche solo ad andare in bagno.
Le due sorelle avevano diversi “accordi” per assicurarsi che Bernice fosse al sicuro, come telefonarle più volte nel caso in cui Roderick fosse stato accanto a lei, oppure guardarsi attorno per assicurarsi che la strada fosse sicura prima di raggiungere la macchina per andare al lavoro ogni mattina.
Dopo la separazione, l’imputato avrebbe inoltre utilizzato i figli per tentare di far sentire in colpa Bernice e convincerla a tornare a casa. In un’occasione sarebbe arrivato a proibire al figlio maschio di portare alcuni giocattoli a casa della nonna, dicendo che se li voleva sarebbe dovuto tornare a casa assieme alla madre.
Le minacce si sarebbero poi estese anche agli altri membri della famiglia di Bernice. «Tutti pagheranno per questo, da quelli di Zebbug a quelli di Santa Lucija» avrebbe detto Cassar, riferendosi ai parenti della donna residenti nelle due località. E ancora: «Ti faccio saltare la testa davanti a tuo padre» e «Se non posso vedere i miei figli, allora non lo farà nessuno».
Infine, Cilia Portelli ha ribadito che sua sorella non si sentiva protetta, nonostante gli ordini restrittivi a carico di Roderick Cassar. «Aveva passato 45 minuti a piangere, perché nonostante il suo ex marito avesse violato un ordine di protezione, la polizia le aveva detto che i passi successivi non erano così semplici, perché non aveva lesioni fisiche».
La preoccupazione maggiore per Bernice era che il marito sapeva dove lavorava. Si chiudeva dentro l’auto mentre guidava e prima di scendere si accertava che Roderick non fosse nei paraggi. Tutto inutile. Bernice Cassar è morta la mattina del 22 novembre 2022, proprio mentre si recava al lavoro e proprio per mano del marito, che le ha sparato due colpi di fucile a bruciapelo.
Nonostante le numerose testimonianze e prove a inchiodarlo, e dopo essersi barricato in casa per 17 ore prima di arrendersi, Cassar ancora oggi si dichiara non colpevole del femminicidio.