Un imprenditore operatore nel settore alimentare maltese è stato arrestato giovedì dopo aver rifiutato l’estradizione in Svezia richiesta dallo stesso Paese scandinavo. L’uomo è coinvolto in un’inchiesta europea relativa a una grossa frode dell’IVA, pari a ben 195 milioni di euro.
Il sospettato – riferiscono i media locali – risponde al nome di Mohan Bharwani, 57enne residente a Sliema, e rientra tra i 14 individui sospettati di aver architettato un ingente schema di evasione fiscale che ha coinvolto 17 nazioni. A rendere noti gli arresti è stata l’Europol, arrivata a questo risultato al termine di intense indagini svolte in sinergia dall’Ufficio del Pubblico Ministero Europeo (EPPO) con sede in Germania.
Per quanto concerne Bharwani, le manette sono scattate mercoledì, mentre le forze dell’ordine ispezionavano la sua abitazione a San Gwann. L’uomo si è presentato come un consulente per un’impresa svedese e, stando alle ricostruzioni delle forze dell’ordine, avrebbe prima finto sorpresa per il procedimento a suo carico, salvo poi cooperare con le autorità.
Tuttavia, i suoi legali difensori hanno messo in dubbio la legittimità del fermo, sostenendo che il mandato d’arresto europeo era stato rilasciato dall’Autorità Svedese per i Reati Economici, parte delle forze di polizia, e non da un’autorità giurisdizionale, tentando inoltre di far leva sul fatto che avrebbe dovuto portare la firma di un magistrato maltese. Il tribunale ha però respinto tutte le argomentazioni, confermando la validità dell’arresto.
La difesa ha poi richiesto il rilascio su cauzione per Bharwani, con la moglie e il figlio pronti a garantire per lui, trovando l’opposizione della procura che ha sottolineato il rischio di fuga e dubitato del rispetto delle eventuali condizioni di cauzione. Per la Corte, il sospettato dovrà rimanere in custodia cautelare, almeno per il momento.
Tra i nomi delle persone coinvolte nella truffa, figurano esponenti di spicco del mondo delle frodi fiscali già segnalati dall’Europol negli anni passati. Le operazioni di ricerca hanno interessato simultaneamente oltre 180 sedi in Albania, Austria, Cipro, Croazia, Repubblica Ceca, Estonia, Germania, Ungheria, Italia, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Slovacchia, Slovenia, Svezia e Regno Unito. Le indagini sono state condotte da oltre 680 investigatori fiscali e di polizia.
Secondo l’Europol, le perquisizioni nei vari Paesi hanno portato al sequestro di notevoli quantità di smartphone, per un valore superiore ai 15,3 milioni di euro, oltre a uno yacht da 3 milioni di euro, 1,2 milioni di euro in contanti e cryptovalute, diverse automobili di lusso, gioielli, orologi e 2,5 chilogrammi d’oro.
L’indagine ha inoltre svelato che gli imputati avevano messo in piedi un sistema criminale complesso, sottraendo circa 195 milioni di euro di IVA, utilizzando catene di fornitura fraudolente e vendendo piccoli dispositivi elettronici, come gli smartphone sequestrati.
Non solo: si sospetta anche che nel 2020 i soggetti arrestati si siano immessi nel mercato delle mascherine protettive, utilizzando società fantasma per celare le tracce delle transazioni. Nonostante la sede legale fosse a Hong Kong, le mascherine erano stoccate in Germania, fino a quando non sono state acquistate dal Ministero della Salute tedesco, che non ha ricevuto il rimborso dell’IVA sulla vendita.