Una furia cieca, una mente annebbiata ed esaltata. È questo, ancora una volta, il quadro emerso di Jeremie Camilleri, cittadino franco-maltese accusato di aver ucciso con la propria auto Pelin Kaya, la giovane di origini turche morta lo scorso 18 gennaio a Gzira, poco dopo aver festeggiato il suo trentesimo compleanno.
Nell’ultima udienza svoltasi martedì, a testimoniare è stata Fiona Brincat, altra vittima della follia dell’imputato. Dopo aver colpito una stazione di rifornimento, travolto Pelin Kaya e distrutto la vetrina del fast food KFC con la sua BMW, Camilleri avrebbe infatti aggredito anche altre persone.
Tra queste, la testimone, arrivata con un taxi poco dopo l’incidente, con l’intenzione di comprare delle sigarette. Appena scesa dal veicolo, la donna si sarebbe però imbattuta nel corpo di Kaya già distesa a terra agonizzante, mentre l’imputato si dirigeva verso la testimone togliendosi la maglia, e colpendola violentemente con una pietra. Un solo colpo, ma sufficiente ad aprirle la testa.
«Sono scappata. Non c’erano ambulanze sul posto e avevo la testa fracassata. Avrebbe potuto uccidermi» ha dichiarato la donna in tribunale secondo i resoconti del Times of Malta, aggiungendo di essere dovuta ricorrere alle cure dei medici, che le avrebbero dato numerosi punti per suturare la ferita. Tuttavia, Brincat non ha avuto dubbi nell’identificare il suo aggressore, indicando Camilleri ed affermando di essere sicura al cento per cento che si trattasse di lui.
Non solo: la testimone afferma di aver chiesto all’imputato il “perché” di quell’aggressione immotivata. Domanda alla quale sarebbe seguita una risposta folle quanto quello che stava accadendo: «il re di Gzira!».
Infine, Brincat ha ricordato come sul luogo dell’incidente, diverse persone stessero urlando contro Camilleri, dandogli del pazzo, filmando e scattando fotografie dell’accaduto con i propri telefoni.
In aula è poi stato ascoltato anche uno degli agenti di polizia di Sliema, che ha raccolto la richiesta di intervento la sera del 18 gennaio e avrebbe capito dal primo momento come non si trattasse di un banale incidente stradale. «A dire il vero – ha affermato descrivendo la scena che si trovò davanti – la vista della vittima ha continuato a perseguitarmi per diversi giorni».
L’agente ha inoltre affermato che Camilleri fosse in stato di alterazione anche dopo l’arresto, con gli uomini del RIU costretti a usare il taser per immobilizzarlo.
Infine, un terzo testimone ha confermato quanto già emerso nei mesi scorsi, con l’imputato che avrebbe lanciato pietre anche contro altre persone, veicoli e addirittura sul corpo inerme della povera Pelin Kaya.