È proseguita nella giornata di giovedì 25 maggio la raccolta prove del processo a carico di Jeremie Camilleri, accusato di aver investito ed ucciso Pelin Kaya lo 18 gennaio a Gzira, poco dopo che la giovane di origini turche aveva festeggiato il suo 30esimo compleanno.
Sul banco dei testimoni Clarisse Camilleri, madre dell’imputato, che davanti al giudice avrebbe scelto di fare scena muta, rifiutandosi di testimoniare contro il proprio figlio. Una scelta possibile secondo la legge, in quanto i due sono parenti di primo grado.
Un ispettore di polizia ha poi mostrato in aula le fotografie scattate alle ferite subite da Fiona Brincat, presa di mira la sera dell’incidente dalla follia di Camilleri, alla quale è stato necessario applicare dei punti di sutura in testa. La stessa donna non si è presentata in tribunale per la seconda volta consecutiva, costandole una multa di 75 euro per oltraggio alla corte e l’obbligo di comparire alla prossima convocazione, quando sarà scortata dalla polizia.
A testimoniare sulle cause del decesso della giovane sono stati i medici incaricati di eseguire l’autopsia sul corpo della vittima. Kaya avrebbe perso la vita per una rottura traumatica completa dell’aorta ed una lesione cerebrale con fratture del cranio causate da un corpo contundente.
Nel corso della seduta sono inoltre state raccolte altre prove contro Camilleri, 32enne franco-maltese che, quella sera, con la BMW X5 intestata a sua madre, avrebbe prima impattato contro una stazione di rifornimento per poi travolgere Kaya, schiantandosi infine contro la vetrata del vicino KFC. Una volta sceso dal veicolo, l’uomo avrebbe aggredito un’altra donna, colpendola alla testa con una pietra, riservando lo stesso trattamento alla vittima, già riversa a terra agonizzante.
Contro l’imputato, che continua a dichiararsi non colpevole, le prove sono schiaccianti: video delle telecamere di sorveglianza della zona, testimoni oculari e riprese fatte con i telefoni di chi era presente. A rendere ancora più evidenti le sue responsabilità ora ci sono anche i risultati dei test del DNA rilevati sulla scena del crimine.
Il sangue trovato all’interno della BMW è di Camilleri. Al volante c’era lui, ed era pure imbottito di sostanze. L’esito degli esami tossicologici ha infatti confermato che l’imputato si era messo al volante dopo aver assunto cocaina e cannabis, ma non solo: nelle sue urine e nel suo sangue c’erano anche tracce di ansiolitici.
Infine, i legali difensori dell’imputato hanno segnalato come lo psichiatra incaricato dal tribunale di incontrare Camilleri il 27 marzo, in realtà non si sia presentato. Il magistrato ha quindi intimato al professionista di compiere il proprio lavoro, entro e non oltre la prossima seduta, che si svolgerà nel mese di giugno.