È tornato in aula il caso di Paulina Dembska, la giovane di origini polacche violentata e uccisa agli Independence Gardens lo scorso 2 gennaio. In tribunale è proseguita la raccolta prove nel processo a carico di Abner Aquilina, 20enne residente a Zejtun, unico sospettato dell’omicidio.
Secondo la testimonianza fornita da un ispettore di polizia, dopo la morte di Dembska, due giovani donne, che hanno preferito mantenere l’anonimato, si sono fatte avanti segnalando alle forze dell’ordine le presunte molestie ed intimidazioni che avrebbero subito in passato su Instagram dallo stesso Aquilina. Il tutto, scrive Malta Today, sarebbe racchiuso nelle 21 foto mostrate in aula dallo stesso Ufficiale.
In aula sono poi state ricostruite le ultime ore di vita della 29enne, che alloggiava presso un ostello di Sliema dall’ottobre del 2021, e che avrebbe dovuto lasciare il 15 gennaio, dopo il pagamento della proroga saldato lo stesso giorno dell’omicidio.
La sera del 1 gennaio, Dembska si trovava nell’ostello a bere qualcosa assieme ad un amico, prima che un’addetta alla reception invitasse quest’ultimo a lasciare la struttura, in quanto l’accesso era riservato ai soli ospiti. Verso le 2:30 di notte, i due sono stati ripresi dalle telecamere di sorveglianza mentre lasciavano l’edificio, negli ultimi fotogrammi in cui la giovane verrà vista in vita.
Il riconoscimento del cadavere, avvenuto tramite la carta d’identità della vittima trovata sulla scena del crimine, ha poi condotto la polizia all’ostello e nella stanza che Dembska condivideva con altre tre persone. Tra queste, un ragazzo belga, tra gli ultimi ad averla vista in vita verso le 20:00 del 1 gennaio, e che ha collaborato alle indagini così come tutto il personale, i proprietari e gli ospiti della struttura.
Grazie all’aiuto della tecnologia e del lavoro congiunto tra esperti e forze dell’ordine, si è poi riuscito a ricostruire anche il tracciato che la giovane ha percorso dall’ostello fino al luogo in cui ha trovato la morte.
Poco dopo l’omicidio, Abner Aquilina è stato ricoverato al Mount Carmel fino al 12 gennaio, giorno del suo arresto. Nonostante l’enorme mole di prove a suo carico, l’imputato continua a dichiararsi non colpevole. In aula, giovedì, era presente anche sua madre, alla quale si sarebbe rivolto esortandola a non piangere.