Ha preso il via la fase di raccolta prove a carico di Noel Azzopardi, 39enne di Rabat accusato dell’omicidio di Eric Borg, freddato con due colpi di arma da fuoco il giorno di Capodanno nella cittadina in cui risiedeva, la stessa del suo presunto assassino.
L’uomo, accusato di omicidio volontario, oltre ad un altro paio di capi d’imputazione relativi alla detenzione impropria di un’arma da fuoco nei pressi di un centro urbano, si trova attualmente in custodia cautelare e continua a dichiararsi non colpevole delle accuse a suo carico.
Una posizione in netto contrasto rispetto a quanto riferito in aula dall’ispettore a capo del caso che, secondo i resoconti riportati dai media locali, ha confermato come, nel tardo pomeriggio del primo giorno dell’anno, l’Azzopardi si fosse recato in questura per “autodenunciarsi” su suggerimento di alcuni membri della sua famiglia, assistito anche da dei legali.
Eric Borg era stato ucciso poche ore prima, attorno alle 15:30, trovato riverso a terra su un marciapiede di Triq Fidloqqom, raggiunto alla schiena e al lato destro del corpo da dei proiettili esplosi da un fucile a distanza ravvicinata.
Due testimoni oculari avrebbero assistito all’omicidio, dichiarando di aver visto l’assassino uscire da una Toyota Hilux di colore grigio (che corrisponde a quella poi rinvenuta nel garage dell’imputato), dirigersi verso Borg per freddarlo, e poi risalire in macchina dandosi alla fuga.
Azzopardi si sarebbe presentato con alcuni parenti alla stazione di polizia della cittadina, indossando i pantaloncini ancora macchiati del sangue della vittima e dichiarando di aver fatto del male a Borg (del quale non sapeva neanche come si chiamasse) perché mosso dal livore scaturito da delle frasi che quest’ultimo gli avrebbe rivolto.
I due si sarebbero infatti incontrati poco prima nei terreni agricoli di proprietà delle rispettive famiglie, situati nella zona di Buskett e confinanti l’uno con l’altro.
Lì, secondo l’imputato, dopo un battibecco, il 27enne si sarebbe rivolto a lui invitandolo a «farsi gli affari suoi, altrimenti se ne sarebbe pentito». Infuriato, Azzopardi ha dichiarato alla polizia di aver seguito Borg in macchina, sparandogli appena sceso dal mezzo: un colpo alla schiena e un altro mentre era già riverso a terra, per assicurarsi che non si rialzasse più.
La perquisizione presso la residenza dell’imputato a Rabat ha portato al rinvenimento di otto fucili, cinque dei quali registrati a suo nome e altri tre a quello del padre. Solo cinque erano stati regolarmente messi sotto chiave, mentre gli altri erano collocati in diverse stanze della casa.
Quello indicato dal 39enne come arma del delitto si trovava in soggiorno, riposto dietro un orologio a pendolo. Toccherà ora alla scientifica analizzare gli indumenti che il presunto omicida indossava quel giorno per verificare che anche i residui di polvere da sparo corrispondano con la versione fornita dal sospettato.
Anche se in realtà non sembravano affatto conoscersi, le ruggini tra la famiglia di Borg e Noel Azzopardi pare andassero avanti da parecchio tempo, come testimoniato in aula da Elaine Micallef, sorella della vittima. La donna avrebbe infatti dichiarato di essere a conoscenza della presenza di un uomo che molestava ed inseguiva suo padre e suo fratello dal 2022. Quest’ultimo, solo due settimane prima di essere ucciso, le avrebbe confessato di essere stato ancora una volta pedinato in auto dal “molestatore” che cercava di intimidirlo. L’accaduto era stato denunciato alla polizia.
Nel frattempo pare che pure Azzopardi segnalasse di essere seguito di continuo da diverse auto compresa quella della Micallef, malgrado la donna abbia confermato di non averlo mai incontrato in vita sua e di non sapere neanche come si chiamasse fino al giorno dell’omicidio, e che lo conosceva solo come la “figura che molestava la sua famiglia”.
Anche il padre della vittima, Nicholas Borg, ha testimoniato che in un’occasione l’imputato gli avrebbe sbarrato la strada mentre si trovava a Buskett, costringendolo a svincolarsi dall’area in retromarcia.
Azzopardi avrebbe sporto diverse denunce pure nei suoi confronti, lamentando sempre di essere molestato, con sorpresa del testimone che ha dichiarato di non avere mai avuto nulla a che fare con lui ed identificandolo solamente come l’individuo che possedeva il campo vicino al suo.
In aula, l’ispettore di polizia avrebbe confermato che l’imputato era convinto che qualcuno lo stesse “prendendo in giro”, infastidito da alcune auto che si parcheggiavano vicino al suo campo. Tuttavia, i sopralluoghi svolti dalle forze dell’ordine non avevano rinvenuto nulla di anomalo.
Infine, a testimoniare, è toccato alla fidanzata della vittima, Julia Falzon, che quel giorno era stata in compagnia del 27enne fino a poco prima della tragedia. I due si erano anche sentiti nel pomeriggio su WhatsApp, con Borg che le avrebbe dichiarato che si sarebbe recato al terreno di famiglia a Buskett per dare da mangiare agli animali, poi il silenzio. Anche per Falzon, Azzopardi era un volto ed un nome sconosciuto. Nonostante conoscesse la vittima da dieci anni ed avessero una relazione da cinque, la donna ha confermato di non essere mai stata a conoscenza di alcun diverbio tra Borg e l’imputato.
In tribunale è emerso che a Noel Azzopardi è stato asportato un tumore al cervello quando era piccolo e che da parecchio tempo è sottoposto a cure psichiatriche, seguito da diversi medici. I suoi avvocati difensori hanno fatto richiesta che in aula vengano presentate come prova le cartelle cliniche dell’ospedale Mount Carmel e del Mater Dei, oltre ad altri verbali e documenti inerenti l’imputato.
Il caso tornerà in aula la prossima settimana. Oltre a fare luce sul movente, responsabilità ed altre dinamiche legate alla tragedia, agli inquirenti toccherà anche chiarire come a un uomo che fronteggia difficoltà psichiatriche da diversi anni sia stato permesso di vivere in una casa con otto fucili, cinque dei quali regolarmente registrati a suo nome.