La vicenda relativa al brutale omicidio di Mario Farrugia continua ad assumere sfumature drammatiche, con l’udienza che si è svolta venerdì 6 maggio presso il tribunale di Valletta.
Tra le ultime novità, infatti, gli inquirenti hanno dichiarato di aver rilevato il DNA della vittima a seguito delle analisi svolte su tracce di sangue rinvenute sul muro della camera da letto di Elliot Paul Busuttil, 38 anni, principale sospettato della morte del 62enne di Pembroke.
I dettagli emersi nell’aula del tribunale venerdì mattina presentano l’efferatezza di un omicidio che, ancora adesso, pare inspiegabile per i famigliari di Farrugia, considerato dagli stessi un uomo fragile che per “arrotondare” ogni tanto faceva il tassista e che, a 30 anni di distanza, ancora subiva gli strascichi di uno shock avvenuto a seguito di un pestaggio di cui era stato vittima proprio mentre stava lavorando alla guida di un mezzo.
Di seguito vi riportiamo il quadro emerso durante l’udienza che dimostrerebbe l’efferatezza del crimine.
Il ritrovamento del cadavere
Il corpo di Farrugia è stato ritrovato in stato avanzato di decomposizione e all’interno del bagagliaio della propria vettura rinvenuta al Wied is-Sewda di Qormi, lo scorso 5 aprile.
L’efferatezza del crimine è stata accertata dall’autopsia eseguita sulle spoglie del 62enne che, inoltre, avrebbe rivelato come la vittima sarebbe stata raggiunta da 45 fendenti inflitti con un coltello a lama singola che lo avrebbe colpito all’altezza della zona superiore del torace.
«Potrebbe indicare che la vittima era già nel bagagliaio quando è stata accoltellata», come ha spiegato durante il processo l’ispettore di polizia della Squadra Omicidi Wayne Camilleri.
A far convogliare i sospetti verso Busuttil ci hanno “pensato” le telecamere di sorveglianza dell’area circostante la valle, che hanno permesso di stabilire come la vettura fosse stata parcheggiata, in quel luogo, il 30 marzo intorno alle 6:00 del mattino.
In seguito le telecamere avrebbero ripreso un uomo uscire dal veicolo di Farrugia, completamente vestito di nero e con indosso una mascherina sanitaria, ripreso nell’atto di asciugarsi le mani con un panno blu.
Negli istanti successivi immortalati dai girati di altre telecamere di sorveglianza della zona, l’uomo è stato ripreso mentre camminava lontano dalla scena del crimine, fino a quando, non avrebbe trovato un altro mezzo di trasporto sparendo così dagli obiettivi delle telecamere.
Anche nei giorni successivi al ritrovamento, analizzando le celle alle quali si era registrato il cellulare della vittima nella notte tra il 28 e il 29 marzo, si è evidenziato come anche il dispositivo mobile di Busuttil si trovasse nella zona di Msida fino alle 00:24 della notte.
In seguito, i dispositivi sono stati rintracciati ad Attard, poi a Marsa fino all’1:30, orario dopo il quale i due telefonini sarebbero stati rilevati a Msida.
Dopo ulteriori movimenti che hanno portato i cellulari ad essere identificati nuovamente a Marsa alle 2:35, il telefono di Farrugia è andato offline. Poi, alle 6 del mattino, il dispositivo mobile della vittima si sarebbe acceso per quattro secondi ad Attard, zona di residenza di Busuttil, come riferito dallo stesso ispettore Camilleri: «Sapevamo che Elliot (Busuttil ndr) viveva ad Attard. E il telefono di Mario (Farrugia ndr) era collegato all’antenna più vicina a casa sua. Questi sono i fatti!»
In seguito sarebbe calato il “buio” sul cellulare della vittima che, da lì in poi, non sarebbe più stato riacceso.
L’arresto
A quel punto i sospetti erano ricaduti tutti su Busuttil che, come riferito dai PM, era apparso particolarmente ansioso durante l’arresto mentre i genitori del sospettato non si dimostrarono collaborativi al fine delle indagini, costringendo la polizia ad entrare forzosamente nella residenza del 38enne per la perquisizione, come riferito sempre dall’Ispettore Camilleri: «Il sospetto era nervoso e durante la perquisizione fumava molto, pur collaborando con la polizia, al contrario dei suoi genitori che, in quel momento, sembravano maggiormente preoccupati per la porta d’ingresso che per l’arresto del figlio per omicidio».
Ascoltati dal magistrato, le forze dell’ordine hanno raccontato come nel corso della perquisizione si sarebbe in seguito effettuata la macabra scoperta: tracce di sangue appena visibili su un muro fuori dalla camera da letto del sospettato. In seguito le analisi forensi avrebbero rivelato come quel sangue appartenesse inconfutabilmente a Farrugia.
La perquisizione ha portato all’attenzione degli agenti una serie di oggetti, in seguito sequestrati, tra cui il telefono di Busuttil, nove coltelli da tasca, un proiettile e una giacca scura che potrebbe essere quella indossata dall’uomo ripreso dalle telecamere.
Anche gli altri sospettati, Ramzi Abukem e una donna straniera che aveva parlato con la vittima il 28 marzo, hanno confermato come Busuttil fosse a Msida proprio prima di chiamare il suo tassista, lo stesso Farrugia, verso il quale pare avesse un debito aperto.
Quella è stata l’ultima chiamata che ha ricevuto Farrugia, testimonia l’ispettore, ed è stata effettuata proprio quando il suo telefono è entrato nelle celle di Pembroke.
Al termine dell’udienza il tribunale ha dichiarato di aver raccolto prove sufficienti per l’incriminazione di Busuttil per omicidio, ordinando l’emissione dell’atto di accusa.
Il prossimo capitolo di questo processo si terrà il 16 giugno.