I genitori di Victoria Aluko, la bimba di sette anni morta nel 2018 per una rara forma di anemia aplastica, sono stati dichiarati colpevoli di negligenza e per non averle fornito le cure mediche necessarie, compromettendone ulteriormente la situazione clinica. La stessa sentenza ha inoltre evidenziato il “fallimento del sistema” che a sua volta non è stato in grado di tutelare la salute della piccola.
I genitori di Victoria, Sunday e Rashida Aluko, entrambi di origine nigeriana, sono stati condannati ad una pena di due anni di reclusione sospesa per quattro anni, ed al pagamento di circa 3.000 euro di spese processuali poiché, secondo le parole del giudice, «Sebbene sia impossibile stabilire se Victoria Aluko si sarebbe potuta salvare con trattamenti medici, la Corte può comunque affermare che la trascuratezza dei suoi sintomi ha reso la sua morte inevitabile».
La mancanza di assistenza nei confronti della figlia avrebbe quindi accelerato il tracollo delle sue condizioni cliniche, con il magistrato che ha puntato il dito anche verso le autorità preposte, asserendo come sia “incredibile” che ci siano voluti più di due anni per emanare un ordine di affidamento che, purtroppo oggi, può riguardare soltanto gli altri due figli della coppia: «Come dimostrano la grande quantità di mail tra funzionari della scuola, Commissione per gli emigrati, FSWS-Appoġġ e Servizi di protezione dell’infanzia, risulta evidente che le autorità governative coinvolte non abbiano dato a questo caso l’urgenza e l’attenzione che richiedeva, almeno fino a quando non è stato troppo tardi».
Una situazione della quale, quindi, gli assistenti sociali e le autorità erano a conoscenza da diverso tempo, anche dopo che la «funzionalità della famiglia Aluko subì un enorme impatto» dopo essere stata trasferita dal Centro di Hal Far alla residenza delle suore domenicane di St. Joseph a Zabbar.
Da quel momento sembra infatti che Sunday Aluko, che a differenza del resto della famiglia beneficiava dello status di rifugiato, divenne così ossessionato dalla condizione della moglie e dei figli tanto da credere che non avessero alcun diritto per lo Stato maltese, nonostante le costanti rassicurazioni degli assistenti sociali e di altri funzionari che cercavano invano di farlo ragionare. Un’ossessione che, per quasi due anni prima del tragico incidente, non permise ai genitori di mandare i figli a scuola, tenendoli a casa per la maggior parte del tempo; «Era chiaro – dice la Corte – che per Sunday il loro “status” era prioritario rispetto ai bisogni educativi, sociali e sanitari dei bambini».
Secondo i medici, tale ossessione avrebbe portato Sunday ad ignorare i sintomi che la figlia manifestava da diverse settimane, in particolare un forte dolore ai piedi, confermando come questa trascuratezza abbia ulteriormente ridimensionato le seppur esigue possibilità di salvare la bambina.
La condizione della famiglia Aluko era già conosciuta dagli assistenti sociali nel 2017 e, «sebbene la corte ritenga questo caso un “fallimento del sistema”» nei confronti della piccola Victoria, il tribunale non ha potuto che confermare come le responsabilità ultime per la salute della vittima ricadessero comunque sui genitori, congiuntamente investiti della sua cura e custodia.
Per questa ragione, vista l’inefficacia che avrebbe il Probaction Act in questa situazione, la Corte ha deciso di imporre una sospensione condizionale della pena nei confronti dei genitori della piccola Victoria.