Avrebbe picchiato la compagna, legandola e rinchiudendola nel pollaio per nove lunghissime ore. Queste le accuse rivolte ad un 47enne di Siggiewi che, secondo quanto emerso in tribunale, avrebbe deciso di punire la donna con la quale ha anche due figli minorenni (ora in affidamento), a suo dire “colpevole” della morte di tre pulcini del loro allevamento. I fatti si sarebbero svolti il 22 dicembre, all’interno della cascina dove la famiglia risiede.
Stando al racconto della presunta vittima riportato dai media locali, l’imputato l’avrebbe raggiunta in camera da letto lanciandole addosso i tre animali senza vita, incolpandola per l’accaduto. Subito dopo, dalla violenza verbale l’uomo sarebbe passato alle vie di fatto, chiudendola fuori sul terrazzo dell’abitazione.
Il peggio sarebbe però arrivato quando la donna, dopo due ore chiusa fuori, è rientrata in casa passando dalla finestra della cucina rimasta aperta, scatenando ancora di più le ire del compagno violento. L’uomo l’avrebbe infatti presa a pugni in faccia, legandole le mani per poi trascinarla all’interno del pollaio. Una volta dentro, le avrebbe liberato le mani, andandosene chiudendo a chiave la porta.
L’incubo, tuttavia, non sarebbe finito qui: accortasi di avere ancora con sé il cellulare, la donna avrebbe tentato di chiamare la polizia, ma il compagno se ne sarebbe accorto, tornando indietro, sequestrandole e rompendole il telefono, dimenticando però la porta del pollaio aperta.
La presunta vittima sarebbe così riuscita a fuggire in strada, dove avrebbe chiesto a una donna un passaggio in auto fino alla stazione di polizia di Zurrieq, dove si è poi attivata l’unita antiviolenza domestica, che assieme ai servizi sociali ha considerato la situazione ad alto rischio per la sua incolumità, procedendo così al fermo dell’uomo.
Comparso in aula nella giornata di sabato, l’imputato si è dichiarato non colpevole delle accuse di aggressione, sequestro di persona, ferite lievi e intimidazione, oltre che del danneggiamento del cellulare della compagna e possesso illegale di cannabis.
Continuando sulla linea della non colpevolezza, la difesa ha chiesto per il sospettato la libertà provvisoria, negata però dal magistrato di turno, che ha inoltre vietato la divulgazione delle identità delle persone coinvolte nel caso.