Ci sono sufficienti elementi per procedere con l’incriminazione di Mohamed Ali Ahmed Elmushraty, meglio noto come “Lilu King”, che martedì si è visto di nuovo respingere la libertà su cauzione nel corso dell’ultima udienza del processo che lo vede imputato, accusato di evasione fiscale, traffico di droga e di avere rapporti con la criminalità organizzata, oltre che di aver violato precedenti condizioni sulla libertà vigilata. È inoltre notizia di lunedì che l’imputato sarebbe ricercato in Libia per traffico di droga e omicidio.
Oltre al pericolo di fuga, il magistrato ha giustificato la scelta di non concedergli la libertà su cauzione per il rischio che possa tentare di inquinare le prove, facendo pressioni o intimidendo i testimoni del processo, come hanno già provato a fare due suoi fratelli, arrestati la scorsa settimana proprio mentre si trovavano nei corridoi del tribunale.
Per quanto concerne una già paventata estradizione di “Lilu King” in Libia, l’avvocato difensore ha chiesto alla corte di valutare con attenzione questa possibilità, tenendo conto di una possibile violazione dei diritti umani dato che l’accusato potrebbe essere torturato o addirittura ucciso qualora tornasse nel Paese nordafricano.
Tra i testimoni ascoltati in aula c’è stato un ufficiale dell’agenzia per la protezione internazionale, che ha dichiarato che Elmushraty ha presentato richiesta di asilo a Malta nell’ottobre 2015, affermando di essere stato torturato in prigione per tre anni, “colpevole” di essere figlio di un medico legale dell’ex regime di Gheddafi. Il suo status di rifugiato sarebbe poi stato rinnovato nel 2018, rimanendo valido fino al 2022.
Elmushraty non avrebbe provveduto a rinnovarlo entro 12 mesi dalla scadenza, e quindi gli sarebbe stato revocato a maggio di quest’anno. Lo stesso testimone non è stato in grado di confermare quanto dichiarato dalla difesa, secondo la quale “Lilu King” avrebbe presentato una nuova richiesta lo scorso giugno, ma i dettagli emergeranno una volta controllati i registri dell’agenzia.
La difesa continua inoltre a sostenere che le accuse di spaccio di droga e riciclaggio di denaro a carico dell’imputato non sono seguite da evidenze che le confermerebbero. Secondo il legale, l’unica a trovare fondamento sarebbe l’evasione fiscale, in quanto a casa dell’imputato non è stata trovata alcuna sostanza illegale né sono emersi giri sospetti di soldi, così come non è stata dimostrata la vicinanza alla criminalità organizzata.
Dal canto suo, la corte ha risposto che lo stile di vita di “Lilu King” era ben al di sopra delle proprie possibilità, arrivando a spendere anche 4.000 euro al mese pur dichiarandosi disoccupato. Ciò porterebbe a pensare che l’imputato vivrebbe grazie a somme di denaro ricavate in modo illecito, e che questo aspetto merita di essere approfondito, appoggiandosi anche alle indagini condotte in Libia.