Un testimone nel processo che vede imputato Mohamed Ali Ahmed Elmushraty, meglio noto come “Lilu King”, potrebbe essere stato intimidito e soggiogato.
È quanto emerso nell’ultima udienza svoltasi nella giornata di lunedì, che vede imputato l’imprenditore-pugile 31enne di origine libica arrestato insieme ad altri due uomini il 26 maggio scorso nell’ambito di un’indagine per criminalità organizzata, riciclaggio di denaro, evasione fiscale e traffico di droga.
I media maltesi riportano la testimonianza fornita da un uomo, ex socio in affari di Elmushraty. Secondo la ricostruzione il testimone, il cui nome è soggetto a divieto di pubblicazione, i due avevano preso in mano la gestione di un ristorante nel 2019 la cui licenza sarebbe stata rilasciata a nome del testimone, mentre la registrazione fiscale sarebbe stata intestata a nome della società, in quanto l’imputato era ancora in attesa di ottenere una partita IVA.
La cose però non sarebbero andate bene: dopo aver investito circa 25.000 euro per la ristrutturazione dei locali, l’attività sarebbe stata sospesa durante le restrizioni causate dalla pandemia, riprendendo poi nell’agosto 2020.
Il testimone avrebbe poi tentato di tirarsi fuori dalla società, chiedendo al proprietario dei muri del locale di trasferire a Elmushraty il contratto d’affitto, che fino a quel momento era stato a suo nome. La decisione pare essere nata a fronte dei continui problemi con le forze dell’ordine in merito a violazioni sul rispetto delle norme anti-contagio ancora in vigore nel periodo Covid-19, oltre a musica troppo alta e clienti che fumavano anche all’interno dell’esercizio commerciale. Secondo la testimonianza, la polizia avrebbe affermato che il locale attirava “tutto il disordine di Malta”.
Al tempo stesso, però, sempre il testimone ha affermato di non aver mai visto nulla di sospetto avvenire nel ristorante: l’imputato avrebbe più volte incontrato diverse persone negli orari più tranquilli dell’attività, senza però che ci fossero scambi sospetti di alcun genere.
E proprio queste affermazioni avrebbero fatto nascere il sospetto dell’accusa, circa un’eventuale intimidazione subita dall’uomo, che ai legali sembrava poco tranquillo, o addirittura spaventato. E infatti, il testimone avrebbe affermato di essere stato contattato dalla fidanzata di “Lilu King”, ora residente in Italia, che gli avrebbe chiesto di parlare con lui.
Alla domanda diretta se fosse stato avvicinato da qualcuno prima di testimoniare, il testimone ha riferito di aver ricevuto una telefonata dalla fidanzata dell’imputato, attualmente in Italia, che gli avrebbe chiesto di parlare con Elmushraty, cosa che però non sarebbe mai avvenuta.
Successivamente due dei fratelli dell’imputato lo avrebbero raggiunto sul luogo di lavoro, chiedendogli di dire in aula di essere il proprietario di una Range Rover appartenuta a “Lilu King”.
Il veicolo sarebbe infatti realmente intestato al testimone, ma interamente pagato dall’imputato, che all’epoca dei fatti sarebbe stato sprovvisto di carta d’identità maltese e anche di patente. Fare da prestanome gli avrebbe inoltre portato notevoli guai, tradotti in circa 11.000 euro di multe non pagate associate alla targa della Range Rover.
A fronte di quanto emerso, l’accusa ha poi chiesto di dichiarare il testimone come “ostile”, in quanto avrebbe omesso molti particolari, forse per paura di ritorsioni. Il tribunale ha quindi sospeso la deposizione, vietando all’uomo parlare del caso fuori delle sedi giudiziarie.
Infine, a testimoniare è comparso un rappresentante dell’Agenzia delle Entrate, confermato che Elmushraty sarebbe a tutti gli effetti un fantasma per il fisco, come già emerso nella precedente seduta.
Alla fine dell’udienza i due fratelli di “Lilu King” sono stati arresti proprio nei corridoi del tribunale, dove si erano recati in attesa che uno dei due venisse chiamato per testimoniare, a fronte delle presunte pressioni esercitate nei confronti di almeno un testimone.