Pelin Kaya aveva appena finito di festeggiare il suo 30esimo compleanno, quando un destino beffardo ha deciso di portarsela via, usando la follia umana come braccio armato.
Stava camminando, Pelin. Forse pensava agli amici salutati da poco, o forse stava già pensando al giorno dopo e a quello dopo ancora. A un futuro che avrebbe dovuto essere radioso, per una giovane designer di interni con tutta una vita davanti per crescere, nel lavoro come nella vita di tutti i giorni.
I suoi sogni si sono però infranti in pochi secondi, contro quella Bmw nera che l’ha travolta d’improvviso, con il conducente che invece di prestare soccorso ha iniziato a colpire i passanti a colpi di pietra. Si è accanito anche su Pelin, sul suo corpo inerme steso a terra, già in fin di vita. Forse non ce l’avrebbe fatta in alcun caso, ma nessuno potrà mai dirlo con certezza.
Jeremie Camilleri era imbottito di alcool e cocaina, quando ha ucciso Pelin Kaya. Prima di investirla, con la sua auto il 33enne franco-maltese ha colpito una stazione di servizio. Dopo, si è schiantato contro la vetrina del vicino KFC. È sceso dal veicolo e ha “dato di matto”. O meglio, era talmente alterato da continuare nella sua follia, iniziata quando ha deciso di mettersi al volante completamente fatto a seminare morte, condannando una giovane innocente. Solo i taser della polizia hanno posto fine al suo delirio. Troppo tardi per Pelin.
Una prima ricostruzione dei fatti che in aula ha portato l’ispettore di polizia a spiegare come le dinamiche dimostrino che l’incidente sia da trattare come un caso di omicidio volontario, e non una “semplice tragedia”.
Contro l’imputato ci sono prove concrete: la sua auto, testimoni oculari, filmati delle telecamere della zona. Eppure lui, nella giornata di giovedì in tribunale si è dichiarato non colpevole. Una dichiarazione a cui ormai si è fin troppo abituati, ma che fa infuriare chi chiede giustizia, in primis la famiglia della giovane vittima arrivata dalla Turchia, poi tutte le persone che l’hanno visto uccidere Pelin e più in generale un intero Paese che ha dovuto assistere inerme alla ennesima tragedia.
Ora su Camilleri pende un elenco di accuse che riempie quattro pagine. Gravi lesioni seguite da morte e omicidio volontario su tutte. Ma anche guida pericolosa, guida in stato di ebrezza e sotto effetto di stupefacenti e danneggiamento doloso. E ancora: lesioni lievi ai danni di un uomo e lesioni gravi causate a una seconda donna. Altre accuse sono legate al possesso di cocaina e detenzione abusiva di Diazepam, uno psicofarmaco. È infine accusato di resistenza violenta all’arresto, disobbedienza a legittimi ordini di polizia, violenza, disturbo della quiete pubblica e violazione di libertà vigilata per precedenti condanne.
Gli avvocati difensori non hanno avanzato richieste di libertà su cauzione per Jeremie Camilleri. Per lui è invece stata chiesta la permanenza presso l’unità forense della struttura psichiatrica Mount Carmel, in quanto già sotto cure mentali. Il magistrato di turno ne ha però predisposto il trasferimento al carcere di Corradino, demandando al direttore del penitenziario qualsiasi decisione in merito. Il processo entrerà ora nella fase della raccolta prove.
In aula era presente anche la famiglia della povera vittima, giunta a Malta appena appresa la notizia della tragica scomparsa di Pelin. Al termine dell’udienza, attraverso l’aiuto di un’interprete, lo zio della giovane donna ha voluto rilasciare delle dichiarazioni alla stampa a nome della famiglia di Pelin, distrutta dal dolore, che abbiamo riportato nell’articolo dedicato al caso.