Quinta seduta dell’inchiesta pubblica istituita per far luce sulle responsabilità in merito al crollo dell’edificio del cantiere edile di Kordin che, quasi un anno fa, è costato la vita al giovane Jean Paul Sofia.
Le scorse udienze hanno evidenziato molteplici carenze nel sito, dai piani strutturali errati alla supervisione dei lavori che avveniva tramite WhatsApp, fino all’assenza di un costruttore autorizzato presente sul posto per supervisionare le opere, portando così all’iscrizione nel registro degli indagati l’architetto Adriana Zammit, i costruttori e promotori immobiliari Matthew Schembri, Kurt Buhagiar, Milomir Jovicevic e Dijana Jovicevic, accusati dell’omicidio colposo del ventunenne.
Dopo una breve deposizione del Ministro delle Finanze Clyde Caruana, l’udienza è virata in direzione degli organi preposti a controllare la sicurezza nei cantieri edilizi, nella fattispecie BCA e OHSA, con il Ministro dei lavori pubblici e della pianificazione Stefan Zrinzo Azzopardi che, interrogato dalla corte, ha lasciato trasparire l’esistenza di un «difetto di sistema» per quanto riguarda i progetti che non esercitano alcun impatto sulle proprietà di terzi, come il cantiere di Kordin, che li porterebbero ad essere soggetti a una supervisione minima e ad una sorta di principio di autoregolamentazione definito «Selvaggio West» dal presidente della commissione Joseph Zammit McKeon.
Nella fattispecie, proprio Zrinzo Azzopardi ha confermato di essere conscio della lacuna legislativa che contraddistingue questi progetti – «Attualmente c’è un processo di revisione in corso, soprattutto riguardante l’obbligo di copertura assicurativa» – informando la corte di aver incaricato la facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Malta di studiare eventuali vizi di regolamentazione per studiare come intervenire.
Oltre alla morte di Sofia, la tragedia dello scorso dicembre ha procurato diverse lesioni ai cinque operai stranieri impiegati nei lavori, portando nuovamente alla ribalta il tema legato alla manovalanza straniera, spesso soggetta a vero proprio sfruttamento in quanto “a basso costo”; sul tema è stato ascoltato l’amministratore delegato di “Identità”, il colonnello Mark Mallia.
A tal proposito, Mallia ha fatto luce sul processo di selezione per questa categoria di lavoratori, gestito direttamente da JobsPlus, e seguito dalla compilazione della “dichiarazione di idoneità” da parte del datore di lavoro.
Infine, dopo aver richiesto di essere interrogato sulla vicenda, in aula è stata la volta di Jason Azzopardi che si è lasciato andare a delle dichiarazioni shock rivelando gli inaspettati retroscena legati alla nuova regolamentazione sull’obbligo delle licenze per gli appaltatori, entrata ufficialmente in vigore dal 21 luglio di quest’anno e che, proprio l’ex deputato PN, già nel dicembre 2021 aveva recapitato sotto forma di nota al consiglio dei ministri per richiedere l’approvazione e dare il via alla consultazione pubblica.
Azzopardi, che a supporto della propria tesi ha mostrato due bozze di note legali firmate dall’allora ministro della Pianificazione Aaron Farrugia e dal segretario parlamentare Chris Agius, ha inoltre aggiunto come il 10 gennaio 2022, meno di due mesi prima delle elezioni generali, il governo avrebbe deciso di bloccare la nuova regolamentazione perché «avrebbe causato problemi con gli appaltatori», come ha dichiarato di avergli riferito un alto funzionario governativo.
Secondo quanto dichiarato da Azzopardi, inoltre, la stessa fonte l’avrebbe contattato qualche mese dopo la morte di Sofia che gli avrebbe lapidariamente confessato come:
«Se (le normative, n.d.r.) fossero entrate in vigore prima del crollo, Jean Paul Sofia non sarebbe morto»
Con le nuove direttive, infatti, si andrebbe parzialmente a colmare le carenze di supervisione grazie all’introduzione di un architetto e un appaltatore autorizzato presenti sul posto, in grado di controllare lo stato di sicurezza del cantiere.
L’inchiesta si aggiornerà alle ore 11:30 di venerdì 22 settembre.