Si è svolta nella giornata di giovedì una nuova udienza del caso di Bernice Cassar, il cui femminicidio è avvenuto la mattina del 22 novembre 2022.
Al banco dei testimoni è salito il padre della vittima, Joseph Cilia. L’uomo avrebbe raccontato particolari inquietanti sui rapporti tra Bernice e il marito Roderick Cassar, unico sospettato del delitto. Secondo Cilia il legame tra i due avrebbe iniziato a incrinarsi ad inizio 2022.
Proprio il primo giorno di gennaio avrebbe ricevuto una chiamata dalla figlia in lacrime, che gli chiedeva di raggiungerla subito a casa. Una volta arrivato sul posto, si sarebbe trovato di fronte una scena che lasciava poco spazio all’immaginazione: cibo e piatti rotti a terra, e la povera Bernice sconvolta. Stando alla testimonianza riportata dai media locali, l’imputato non sarebbe stato presente al momento del suo arrivo ma, una volta rincasato, alla richiesta di spiegazioni da parte di Cilia avrebbe risposto con una frase sprezzante: “Non sono come te. Io sono un vulcano”.
Roderick Cassar avrebbe inoltre usato i propri figli per costringere Bernice a tornare sempre a casa, anche dopo gli atti di violenza che diventavano sempre più frequenti. Già la sera del primo gennaio 2022, dopo la lite, avrebbe detto che sua moglie poteva andare via, ma suo figlio sarebbe rimasto con lui. Agli occhi di Cilia questi atteggiamenti altro non erano che un ricatto psicologico, spingendo Bernice a non abbandonare la casa dove vivevano, per proteggere i due figli. Sempre durante lo stesso litigio, Roderick avrebbe puntato un coltello alla gola della donna, minacciando di ucciderla.
Non solo: secondo il testimone, Cassar a un certo punto avrebbe iniziato a uscire spesso la sera, ritornando a casa ubriaco o sotto effetto di cocaina. L’allontanamento di Bernice da casa sarebbe avvenuto a maggio, il giorno prima della festa della mamma. Un’altra lite, altra violenza per un futile motivo. Roderick voleva andare a visitare Gozo con tutta la famiglia, mentre Bernice avrebbe preferito evitarlo. Tanto sarebbe bastato per scatenare la furia dell’imputato, che spinto da una rabbia cieca avrebbe iniziato a prendere la moglie a pugni in testa, fino a minacciarla nuovamente con un coltello. Dopo quell’episodio, la donna si sarebbe trasferita a casa dei genitori assieme ai figli.
Da quel giorno sarebbero iniziati i continui tentativi di Roderick di “riavere” moglie e figli indietro, sempre sfociati in nuove minacce nei confronti della povera donna. Tra le tante frasi, una avrebbe preoccupato particolarmente il padre della vittima: «Se non riesco a godermi i miei figli, allora non lo farà nessuno».
Il testimone ha affermato che l’ultima settimana di vita di Bernice è trascorsa all’insegna del terrore a causa delle continue minacce. La famiglia non la lasciava mai sola, se non per andare a lavorare. E Roderick avrebbe colpito proprio nell’unico momento in cui era sola e indifesa davanti alla rabbia di un uomo che ha sbagliato, ma non accettava di doverne pagare le conseguenze.
Bernice è morta nella zona industriale di Kordin, mentre si recava al lavoro. Il suo assassino l’ha trascinata fuori dall’auto e non ha avuto alcuna pietà: due colpi di fucile, uno al petto e uno al volto per porre fine alla sua vita.
Dopo l’omicidio Cassar avrebbe telefonato al padre della vittima, informandolo della morte della figlia, per poi barricarsi all’interno della casa dove viveva a Qrendi. L’uomo è stato poi arrestato dalla polizia, dopo un assedio durato 17 ore. L’imputato avrebbe confessato l’omicidio anche un amico.
A inchiodarlo ci sarebbero anche i filmati delle telecamere di Kordin e Qrendi, oltre a un video registrato con il telefonino da un testimone. Le immagini mostrerebbero chiaramente la macchina di Roderick bloccare l’auto della vittima, e anche il momento in cui avrebbe fatto fuoco contro Bernice. Nonostante tutte le prove a suo carico, Cassar continua a dichiararsi non colpevole del femminicidio.
Al termine dell’udienza, gli avvocati della difesa hanno chiesto al tribunale di ordinare all’accusa di depositare una copia dell’inchiesta pubblica condotta dal giudice in pensione Geoffrey Valenzia le cui conclusioni, diffuse lo scorso mese, evidenziarono l’incapacità dello Stato nel proteggere la vittima.