Emergono nuovi dettagli sul duplice omicidio di Christian Pandolfino e Ivor Maciejowski, avvenuto il 18 agosto 2020 nella loro abitazione a Sliema. Jesper Kristiansen, uno dei tre uomini coinvolti nella vicenda e già condannato, ha testimoniato in Tribunale, raccontando la sua versione dei fatti.
Secondo quanto riferito in aula, il danese Kristiansen si era trasferito a Malta nel 2017 in cerca di lavoro. Dieci giorni prima del delitto, aveva conosciuto il giovane albanese Daniel Muka tramite amici comuni, mentre aveva già da tempo rapporti con il macedone Viktor Dragomanski.
L’idea della rapina sarebbe partita da Muka, che sosteneva che nell’abitazione fosse custodito un ingente quantitativo d’oro. Dopo aver osservato per giorni la residenza e studiato le abitudini delle vittime, avrebbe ritenuto che la casa fosse solitamente vuota nelle ore serali.
Kristiansen ha affermato di aver accettato il piano a condizione che nell’abitazione non ci fosse nessuno. Il giorno prima dell’incursione, mentre erano in auto, i due si sarebbero imbattuti in Dragomanski, coinvolgendolo nel colpo. La rapina sarebbe stata pianificata per la sera successiva.
La sera del 18 agosto il trio si sarebbe recato sul posto utilizzando un’auto fornita da Muka, con targhe da lui rubate. Lo stesso si sarebbe avvicinato per primo all’abitazione, portando con sé una piccola borsa. Kristiansen, rimasto a distanza, avrebbe visto il complice suonare il campanello e poi conversare con l’uomo che gli ha aperto la porta, prima in modo tranquillo, salvo cambiare registro nel giro di pochi secondi. Poco dopo sarebbero stati esplosi dei colpi d’arma da fuoco.
A quel punto, Kristiansen ha dichiarato di essersi avvicinato all’abitazione e di aver suonato il campanello, con Muka che gli avrebbe aperto la porta impugnando una pistola. All’interno, uno degli uomini era a terra, in fin di vita. Poco dopo, il giovane albanese gli avrebbe sparato nuovamente.
In preda al panico, Kristiansen sarebbe corso verso l’auto, dove Dragomanski era in attesa. Quest’ultimo, notando l’agitazione, avrebbe chiesto: «Qualcuno ha sparato?», ricevendo dal complice una risposta agghiacciante: «Questo non è più un furto, è un omicidio».
Nonostante il caos, i due sarebbero rientrati nell’abitazione per prelevare il bottino, con una delle vittime che giaceva in una pozza di sangue. Secondo il racconto del testimone, Muka sarebbe poi uscito da una stanza con alcuni gioielli in una mano e la pistola nell’altra. Dopo aver consegnato i preziosi a Kristiansen, il gruppo sarebbe fuggito.
Durante la fuga, il danese avrebbe chiesto a Muka perché avesse sparato e perché fosse armato, ottenendo come risposta solo due parole: «Dovevo farlo».
Dopo l’incidente, i tre si sarebbero diretti a casa di Dragomanski, dove avrebbero pulito i gioielli per eliminare eventuali tracce di DNA, con l’albanese che avrebbe affermato di conoscere un possibile acquirente.
Kristiansen ha dichiarato che lui e Dragomanski erano sotto shock per l’accaduto e di essere tornato a casa circa un’ora dopo. Nei giorni successivi avrebbe cercato di contattare il macedone per sapere se il bottino fosse stato venduto, ma non sarebbe riuscito a trovarlo, e non avrebbe più avuto contatti con Muka.
Dopo il delitto sarebbe fuggito in Spagna, dove è stato arrestato. Dopo l’estradizione a Malta, a febbraio ha patteggiato una condanna a 40 anni di carcere. Muka e Dragomanski sono invece ancora sotto processo.
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