Il tribunale ha stabilito che le autorità ospedaliere e il soprintendente della sanità pubblica hanno violato i diritti fondamentali della famiglia del dottor Naged Megally non concedendo loro di effettuare l’autopsia sul corpo dell’uomo morto lo scorso luglio mentre si trovava ricoverato al Mater Dei.
Nonostante la gravità della sua condizione (da tempo affetto da miopatia mitocondriale) che lo portò a subire diversi interventi, il quadro clinico di Megally sembrò migliorare fino al 3 luglio 2023 quando, a seguito di un repentino quanto improvviso peggioramento dei parametri vitali, morì di quella che fu definita dai medici come una patologia “misteriosa” che aveva colpito la trachea del paziente due giorni prima della scomparsa.
A nulla valse il tentativo della famiglia di richiedere ripetutamente un’autopsia privata, mossa dal sospetto che la causa del decesso non fosse del tutto accurata, bensì frutto di un’errata somministrazione di farmaci incompatibile con le patologie dell’uomo, trovandosi però a fare i conti con il muro alzato dalla struttura ospedaliera che rifiutò di rilasciare il cadavere alle condizioni imposte dai suddetti familiari e al rigetto di ogni ricorso presentato presso la Corte penale. Il comportamento dei vertici del Mater Dei fu descritto dalla figlia della vittima, Anastasia Megally, come il tentativo di «occultare gli eventi legati alla morte» del padre, il cui corpo, è «tenuto in ostaggio» da mesi nell’obitorio dell’ospedale.
Tuttavia, la moglie e i tre figli di Megally non si sono arresi e hanno deciso di riprovarci un’altra volta presentando ricorso in Corte costituzionale che ha definito il rifiuto di consentire l’autopsia privata sull’uomo come una violazione del diritto della famiglia, sancito della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
Pertanto, il giudice ha imposto all’amministratore delegato del Mater Dei e al soprintendente della sanità pubblica di autorizzare la procedura, che dovrà essere eseguita entro 15 giorni da due patologi scelti dalla famiglia e supervisionata da un osservatore nominato dall’ospedale.