Si è concluso ieri il processo contro Ahmad Ali Younes Ikbarh, con la corte che ha condannato a cinque anni di reclusione il 32enne di origine libica per aver cercato di adescare online tre minorenni di età compresa tra i 13 e i 14 anni, invitandoli a mostrare i piedi davanti alla webcam e inviando loro contenuti pornografici espliciti o arrivando, addirittura, a masturbarsi durante le video-sessioni in cui li attirava.
L’indagine coordinata dalla polizia e dall’unità contro la criminalità informatica è scattata nel 2018 a seguito della denuncia dei famigliari di un ragazzo di 13anni che, in un primo momento, aveva consentito alla richiesta di Ikbarh di inviargli una foto dei propri piedi trovandosi, infine, trascinato all’interno di una trappola ordita dal cyber-predatore per attirarlo in una video-chat Skype, dove l’individuo si mostrava intento in pratiche di autoerotismo.
Ed è così che la prima vittima è finita senza possibilità di scampo a causa delle subdole e continue minacce dell’uomo di pubblicare su Facebook gli screenshot “rubati” durante l’incontro virtuale, almeno fino al provvidenziale intervento dei genitori che ha dato il via alle indagini delle autorità che hanno portato alla scoperta di altre due vittime di Ikhbar, rispettivamente di 13 e 14 anni, raggiunte dalla medesima richiesta inoltrata attraverso profili falsi con in allegato scatti del proprio membro.
Valutando come le azioni dell’imputato abbiano arrecato un forte shock, in particolare alla prima vittima, e preso in considerazione il modus operandi che prevedeva la volontà di far assistere minori ad atti sessuali espliciti, la corte ha deciso di optare per una pena che rappresentasse un messaggio simbolico contro la corruzione di minori, decretando come non si possa cancellare il danno psicologico arrecato dalle azioni dell’orco digitale, come confermato dalle parole del giudice e riportate dal Times of Malta:
«I bambini devono essere protetti da individui senza scrupoli che si nascondono dietro ad un dispositivo elettronico per soddisfare i propri impulsi sessuali. Bisogna fare giustizia per i minori rimasti segnati per l’intera vita»
Così il tribunale ha condannato Ahmad Ali Younes Ikbarh a cinque anni di reclusione e al pagamento delle spese processuali per un valore pari a 2.073 euro, osservando in conclusione come anche gli abusi esercitati online abbiano ripercussioni anche nella vita quotidiana: «oggi il mondo virtuale è diventato reale».