Internet è un “luogo” ricco di risorse e opportunità che, però, dietro l’angolo nasconde insidie spesso difficili da prevenire, in particolar modo quando di mezzo ci sono minorenni, soggetti ampiamente esposti alle mire di predatori digitali pronti ad approfittarsi della loro innocenza e ingenuità.
In questo caso l’intervento delle autorità ha consentito di portare a giudizio Ahmad Ali Younes Ikbrah, 32 anni, accusato di aver presumibilmente cercato di adescare tre minorenni di età compresa tra i 13 e i 14 anni, invitandoli a mostrare i piedi davanti alla webcam e inviando loro contenuti pornografici, o arrivando addirittura a masturbarsi durante le video-sessioni in cui li attirava.
Come riporta Times of Malta, l’uomo di origine libica avrebbe dimostrato di essere incline al feticismo, provando pulsioni sessuali nei confronti di soggetti che, come in questo caso, non avevano ancora compiuto la maggiore età.
L’indagine coordinata dalla polizia e dall’unità contro la criminalità informatica sarebbe scattata nel 2018, a seguito della denuncia dei famigliari di una delle giovani vittime che avrebbe ricevuto una foto ritraente il membro del 32enne da uno dei profili falsi con cui l’imputato cercava di attirare i minori.
Il modus operandi del cyber-predatore prevedeva infatti l’utilizzo di tali account con identità fittizie, tra cui quella di una donna, con cui l’uomo stabiliva un contratto preliminare tramite Instagram, Skype, Facebook e altre piattaforme social per adescare bambini innocenti. Il procuratore ha inoltre confermato come le indagini delle autorità abbiano collegato al 32enne almeno tre episodi denunciati in questi anni, riconducibili allo stesso indirizzo IP dell’indagato.
La prima presunta vittima, un dodicenne attirato da Ikbrah in una videochat, si sarebbe lasciato convincere a mostrare le piante dei piedi al 32enne che, a volto celato, si sarebbe masturbato osservando le mosse del minorenne.
Profondamente turbato, il giovane avrebbe poi rifiutato di partecipare a una nuova sessione, trovandosi però di fronte alle subdole e continue minacce dell’uomo di pubblicare su Facebook gli screenshot “rubati” durante l’incontro virtuale.
Per timore delle ripercussioni, il dodicenne aveva “ceduto” ad altre sessioni, salvo poi raccontare tutto al padre e alle autorità per riuscire a svincolarsi dalla difficile situazione.
La seconda presunta preda, una ragazzina di 13 anni, una volta ricevuto un messaggio da uno dei profili di Ikbrah corredato dalla foto del suo membro, avrebbe invece salvato l’immagine e bloccato subito il mittente, parlando poi in un secondo momento dell’accaduto durante un dibattito scolastico sul tema degli abusi sessuali online.
Dopo l’arresto dell’imputato, le autorità avrebbero scoperto una terza chat su Instagram che coinvolgeva una 14enne con difficoltà dell’apprendimento, anch’essa raggiunta dalla richiesta di mostrare i propri piedi seguita da una foto dell’organo sessuale dell’individuo.
Il tribunale ha vietato la divulgazione dei nomi delle presunte vittime e ha acconsentito loro di testimoniare tramite collegamento video. Ahmad Ali Younes Ikbrah si è dichiarato non colpevole delle accuse di corruzione di minore, minacce e uso improprio di apparecchiature elettroniche.